Nella Grande Pianura, a ridosso della Grande Catena, sorge un paesino con un centinaio di abitanti.
La vita è piuttosto monotona. Viene scandita dalle stagioni e dai due Grandi Astri com’era prima delle Macchine.
Un giorno, quando il Sole era nel suo punto più alto, arrivò un mercante.
Com’è consuetudine si levò il cappuccio e dispose il carro, il mulo e tutte le sue merci in un semicerchio. Al centro distese un tappeto e vi si sedette.
Attese senza mangiare o bere. La gente del villaggio gli passava accanto senza fermarsi. Fu solo quando il Sole aveva compiuto ancora un quarto del suo percorso che arrivarono gli emissari del capo villaggio, erano due ed ognuno portava una ciotola.
Prima di accostarsi al mercante fecero un breve inchino dopodiché le posarono ai suoi piedi.
Lui bevve il contenuto della prima e mangiò ciò che era nella seconda. Estratta dalla bisaccia che teneva a tracolla una magnifica collana, composta da tre smeraldi e un intreccio di delicatissimi fili d’oro, la posò nella prima. Lentamente sfoderò un bellissimo coltello di acciaio nero con due pietre lucide e striate, come la pelliccia delle tigri, incastonate nel manico, una per lato. Lo posò nella ciotola da cui aveva mangiato.
Gli emissari le riportarono al capo ed egli soddisfatto lasciò che il mercante si esibisse per tutta la durata del Grande Fuoco.
La varietà di merce era sorprendente, la qualità pure e la parlantina era fluida. Vendette molto in poco tempo. Quando la Luna fu alta presentò il suo oggetto più spettacolare: un bastone nodoso, nel cui centro c’era una sfera. Spiegò che era un canale diretto con le divinità, chi lo possedeva poteva richiederne i poteri. Restava fedele al suo proprietario, se smarrito o rubato avrebbe fatto ritorno.Si alzò un brusio, la gente voleva prove ed il mercante le diede. Chiamò il Sole e fu giorno. Chiamò la Pioggia e fu diluvio. Chiamò la Terra e il suolo sussultò. Allora la gente iniziò, urlando e sbraitando, a fare offerte.
Le rifiutò tutte. Dal carro prese una cornice di legno grande quanto un uomo, l’appoggiò a una parete e mormorò delle formule magiche. Simboli dorati e argentati apparvero per un attimo sulla cornice. Era un portale per l’aldilà, chiunque desiderasse il bastone doveva riportare da quel mondo una farfalla. Era azzurra come il cielo a primavera e grande quanto la testa di un bambino. Chi la prendeva era soggetto all’ira degli spiriti. Dei molti pretendenti solo otto rimasero.
Il mercante li armava. Partì il primo, chiese una gabbia in cui rinchiudere la farfalla e una lancia con cui combattere gli spiriti. Fece ritorno poco dopo, senza un braccio e ricoperto di ferite. Parlò poco ma disse di essere stato via un anno. Dopo il suo breve racconto solo due ragazzi rimasero, un colosso ed uno come se ne vedono tanti. Il gigante chiese uno spadone a due mani, un sacco e una benedizione. Anche lui tornò quasi subito, sfigurato in volto e pieno di tagli. Raccontò di essersi battuto per due anni, ma di aver dovuto abbandonare la farfalla per poter far ritorno a casa. Tutti si voltarono verso l’ultimo ragazzo. Lui impassibile chiese un fiore, della carta e una penna. Tornò totalmente illeso e con la farfalla che gli svolazzava attorno. Gli fecero molte domande. Rispose che aveva donato il fiore agli spiriti e che aveva utilizzato carta e penna per scrivere e disegnare l’altro mondo. Il ragazzo rispose alle altre domande mentre ammirava il suo nuovo bastone. Disse di non aver mai preso la farfalla, di aver raccontato di questo mondo e di quanti fiori ci fossero. E lei aveva scelto di seguirlo per viaggiare col mercante. Poi date le spalle a tutti, se ne andò senza fare ritorno.