Cammina a capo chino, l’uomo tecnologico. Gli occhi sbarrati, riflessi nello schermo luminoso che tiene saldamente tra le mani, sono l’emblema di una solitudine cercata.
Eppure non si sente solo: sta “conversando” con alcuni amici, così vicini, così lontani. Intorno a lui è tutto un susseguirsi d’eventi senza che se ne possa accorgere. Cammina, noncurante.
Sono cresciuto in città, anche se provengo da una piccolo paesino di campagna. Ogni tanto lo visito per salutare i parenti, respirare un po’ d’aria fresca e rilassarmi nella quiete più totale. L’altro giorno, appunto, ho fatto ritorno al parco del paese, dov’ero solito andare a giocare in compagnia di mio cugino. Niente di eclatante, una distesa d’erba, due piccoli scivoli e un’altalena. Una volta quel posto era il centro del mondo: ogni pomeriggio, ogni serata, ogni attimo di divertimento nasceva al parchetto. Era un brulicare di ragazzini, se ne vedevano di ogni età ed estrazione sociale, senza soluzione di continuità. Ho visto nascere amori che non si trovano nemmeno nei film, ed ora?
Sono tornato, per gustarmi uno spettacolo di cui sentivo la mancanza, di cui sentirò ancora la mancanza, perché il parchetto non esiste più. L’erba è appassita, ingiallita. Dimenticata dalla fervida energia degli adolescenti, ha smesso di farsi bella. Le altalene sono rotte, spostate da un timido filo di vento. La solitudine regna sovrana.
Ci sono sempre più abitanti, ma se ne vedono sempre meno. Dove sono tutti? Nascosti, immersi nella realtà virtuale, un contenitore di emozioni facili e falsamente protette, che inganna e non fa crescere. Abbiamo deciso così, preferiamo farci cullare dalla ritmosa vibrazione e dal touch screen, piuttosto che dalla reale spinta di un’altalena. Prime era su e giù, ora è solo giù. E mentre il mondo va avanti, noi restiamo indietro.
Cammino a capo chino, sono un uomo tecnologico. Ho gli occhi sbarrati, riflessi nello schermo luminoso che tengo saldamente tra le mani, mentre ritrae il vecchio parco del mio paese d’origine, ormai abbandonato. Eppure non mi sento solo. Cammino, noncurante.
Einstein diceva: “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità”. Forse quel giorno è arrivato.
Sergio De Tomi – centoParole Magazine