Per la prima volta in assoluto, un’opera raccoglie in modo continuo ed organico, tutte le lettere di Amedeo Modigliani (Livorno 1884-Parigi 1920), che sono le principali fonti scritte che ci restano di questo grandissimo artista. Scelgo di pubblicare una lettera a Oscar Ghiglia, artista di grande impatto che con Modigliani aveva condiviso una stanza durante gli studi a Firenze e con il quale manterrà per tutta la vita un rapporto di profonda amicizia, poiché lo slancio che Modigliani concede nelle epistole a Ghiglia è raro e soprattutto non conciso come era solito essere. Questa, così come altri frammenti di lettere a Ghiglia e alla madre, dimostrano o meglio trasmettono il reale tormento amalgamato alla forza creativa che Maudit, l’artista maledetto dalla sua stessa inquietudine, percorre e approfondisce nell’arco della sua breve vita senza scegliere mai di adeguarsi ad un percorso predefinito da schemi di convenienza, ritrovandosi così solo. Ad accompagnare la sua corsa alla morte tra notti disperate di alcol, droga e infinite riflessioni sul senso dell’arte dentro la vita dell’essere umano, così come il senso ultimo della propria esistenza, Ghiglia lo accoglie e lo sostiene economicamente (quando poteva) ma soprattutto spiritualmente. Esattamente ciò che Modigliani cercava. Sempre e instancabilmente.
A Oscar Ghiglia (1904 o 1905)
Carissimo Oscar,
mi avevi promesso il giornale della tua vita vissuta da che ci siamo lasciati fino a adesso. L’aspetto impazientemente.
In quanto a me manco alla promessa, cioè non posso mantenerla perché non posso scrivere un giornale. Non solo perché nessun avvenimento esteriore si è infiltrato per ora nella mia vita, ma perché credo che anche quelli interni dell’anima non possano essere tradotti mentre siamo sotto il loro dominio.
Perché scrivere mentre si sente? Sono tutte evoluzioni necessarie attraverso le quali dobbiamo passare e che non hanno importanza altro che per il fine a cui conducono.
Credimi, non è che l’opera arrivata al suo completo stadio di gestazione, impersonata e tratta dalla pastoia di tutti i particolari incidenti che hanno contribuito a fecondarla e a produrla che vale la pena di essere espressa e tradotta con lo stile. L’efficacia e la necessità dello stile si presenta appunto in questo, che oltre ad essere l’unico vocabolario atto a estrinsecare un’idea, la distacca dall’individuo che l’ha prodotta, lascia la via aperta a ciò che non si può né si deve dire. Ogni grande opera d’arte verrebbe considerata come qualunque altra opera della natura. Prima di tutto nella sua realtà estetica e poi al di fuori del suo sviluppo e del mistero della sia creazione, di ciò che ha agitato e commosso il suo creatore. Questo, puro dogmatismo, del resto.
Perché non mi scrivi piuttosto? E che cosa sono i tuoi quadri? Ho letto la descrizione di uno in un articolo del “ Corriere”. Non posso ancora chiedere il quadro: sono costretto ad albergare in un Hotel di qui: capisci l’impossibilità di dedicarmi ancora al quadro; del resto mentalmente e nella contemplazione della natura ci lavoro molto. Credo che finirò col cambiare residenza: le barbarie dei turisti e dei villeggianti mi rendono impossibile il raccoglimento nei momenti in cui ne avrei più bisogno. Finirò col salire nel Tirolo austriaco. Non ne parlare ancora in casa. Scrivi sempre Hotel Misurina – Misurina. Addio.
Scrivimi, mandami quel che mi hai promesso. L’abitudine della contemplazione della campagna e della natura alpina segnerà, credo, uno dei più forti cambiamenti del mio spirito.
Vorrei parlarti della differenza che corre tra le opere di quegli artisti che hanno più comunicato e vissuto colla natura e quello di oggigiorno che cercano ispirazione negli studi e vogliono educarsi nelle città d’arte.
A Livorno si divertono?
Modigliani
Tratto da “Amedeo Modigliani LE LETTERE” , Abscondita srl, 43 Miniature, 2006, Milano, pag. 14-15
Francesca Schillaci ©centoParole Magazine – riproduzione riservata