È stato presentato venerdì 7 ottobre, alle 17.30, presso il Circolo della Stampa di Trieste, il libro tanto atteso “La rabbia in smoking” di Lelio Luttazzi, con la prefazione di Piera Detassis, Direttore di Ciak e Presidente della Fondazione Cinema per Roma.
Ad introdurre l’evento è stato il giornalista Livio Missio che ha poi passato il testimone alla giornalista della Rai regionale del FVG, Marinella Chirico, la quale, con grande scioltezza e professionalità, ha mediato l’incontro.
Sono intervenuti Rossana Luttazzi, moglie del Maestro e Presidente della Fondazione Lelio Luttazzi, Gabriele Centis, Direttore della Casa della Musica e Claudio Luglio, editore del libro.
È stato un pomeriggio ricco di piacevoli e toccanti ricordi, avvolto da un grande affetto per Lelio Luttazzi.
Inoltre, in questa occasione, è stata allestita una mostra, in Galleria Rossoni, davanti alla libreria LuglioEditore, di vecchie fotografie – di proprietà dell’archivio della Fondazione Lelio Luttazzi – del Maestro assieme a importanti personaggi dello spettacolo, arricchite dalla sua musica in sottofondo e dal concerto al Politeama Rossetti di Trieste del 1992, proiettato su due monitor.
Definire La rabbia in smoking un libro è riduttivo: è molto di più. È un contenitore di emozioni, di piccoli frammenti di vita di un uomo che decide di mettere a nudo i propri pensieri e lo fa sempre con quel suo stile unico, sottile, tagliente, sbattendo in faccia al lettore la crudezza dell’universo umano.
I racconti di Lelio Luttazzi non sono poi così diversi da quelli di Svevo, da quelli degli scrittori mitteleuropei. Nascere a Trieste significa anche possedere un bagaglio storico-cultuale che inevitabilmente si rende esplicito nei tormenti più profondi e bui della mente.
Leggere questo “libro” significa entrare nel pensiero di un uomo, scoprirne la sua essenza e volare tra le righe dell’esistenza.
La rabbia, il tormento, il voler mettere nero su bianco l’ingiustizia, l’amarezza per ciò che è rimasto di quel mondo ormai lontano, il sesso che diventa una valvola di sfogo, ma forse anche l’ancora di salvezza, che permette di evadere dalla disillusione della vita, sono gli elementi che emergono tra le amare righe della verità, capaci di spostare il nostro pensiero, di plasmarlo, lasciando sempre un po’ di spazio alla speranza.
Nel libro di Luttazzi, compare una sua citazione, particolarmente interessante: “Non perdo mai un film di Woody Allen. Geniale, senso dell’umorismo, amiamo la stessa musica. Lo adoro”.
Il legame tra Luttazzi e Allen si vede in modo evidente: guardando i film di Allen ci troviamo di fronte a ciò che Lelio Luttazzi scrive nei racconti; per tanto, sembra che il regista metta in immagine quello che Luttazzi ci racconta in parole.
In Café Society, l’ultimo film di Allen, sono presenti alcune sfumature, che ci possono far venire in mente Egidio e la ragazza bella bella, Eva, i personaggi del mondo dello spettacolo, le loro feste piene di invitati, dove però il protagonista si sente terribilmente solo, tra il fluttuare del chiacchiericcio; simpatie di ogni genere, amori a tutte le età, o come in Sarah, la prostituta ebraica, che sfida ogni moralità.
Tutto questo racchiuso in una cornice dal sapore di un tempo, quello di quel mondo in bianco e nero di Fred Astaire e Ginger Rogers, condito con tanto swing, jazz e con le musiche di Cole Porter e Gershwin che Lelio tanto amava e che anche Allen inserisce frequentemente nei suoi capolavori.
Una vita in musica, quella di Luttazzi, girata come se fosse un film, sempre con eleganza, indossando lo smoking, a volte però anche con un po’ di rabbia.
Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.