La danza delle parole (elementi di psicanalisi): fare (appunti)

18-Fare-appunti.jpg

La più grande fantasia che si incontra nell’ascolto in analisi è che il proprio fare sia un fare per l’altro, ovvero: “faccio per la mamma, per il marito o moglie, amico, collega, padrone, società” e via dicendo.
Quando si accentua questa logica fantasmatica, ogni senso nel fare diviene una sorta di obbligo per cui appena si riesce si cerca di svincolarsi dall’impegno. Incredibilmente anche in ciò che si reputa divertimento può intervenire questa situazione per cui anche in quella situazione “saltare” un appuntamento diviene una specie di “liberazione”. Fare dunque come prigione e obbligo che rende difficile e deteriore anche le situazioni più interessanti.
La pulsione che chiede di trovare appagamento lo trova più nella sottrazione dal presunto obbligo che nel fare ciò che si intraprende.
Per mantenersi “integri e liberi” fantasmaticamente si preferisce limitarsi nel fare.
L’enunciato diventerebbe: “Mi limito, dunque sono”
Creare l’essere, sentirsi essere senza mancanza strutturale diviene la ricerca perenne di persone che misconoscono il fatto che ciascuno è in un costante divenire, perciò soggetto effettuato dal tempo, soggettuale dunque più che soggetto.
Pensare di fissarsi e delimitarsi non fa che accentuare la sensazione di mancanza, poiché, essendo attraversati dal tempo, nessuno può dirsi “tutto” bensì sempre “mancante di ciò che diventeremo”.
Anche il fare dunque partecipa a questa fantasia quando rappresentiamo l’altro come “padrone” che pretende, chiede, al quale dobbiamo delegare il desiderio, la soddisfazione, il piacere.
La logica del padrone sembra sottolineare che qualcosa di noi si sottrae ad autorizzarsi, ad ammettersi, alla “libera impresa” psichica che da sola partecipa al nostro divenire e trasformazione.
Quando ci si autorizza senza più rappresentarsi un padrone si apprende che il fare appartiene solo a noi e al godimento e soddisfazione che ci compete e di cui necessitiamo.
Il fare per l’altro è una fantasia, comprenderlo è un passo essenziale per ciascun percorso di crescita e di trasformazione.
A quel punto non sarà più necessario sottrarci dall’appuntamento o dall’impegno preso o dal lavoro iniziato perché la cosa concerne solo la nostra spinta pulsionale e non quella dell’altro.
La vita diviene allora un procedere da sé in un percorso libero dove l’altro è provocazione ma mai obbligo né limite.

Roberta de Jorio ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.

Immagini correlate:

Share this post

Lascia un commento

scroll to top