Nel presente lavoro si intende offrire un’introduzione storica a questi importanti concetti, mostrando quali sono stati gli interventi legislativi più importanti nel corso dei secoli, dall’Antichità romana sino al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004, evitando però di approfondire i particolari di tale decreto e le ultime modifiche, in quanto saranno argomento di future riflessioni. Si precisa che, per l’età moderna e il periodo precedente all’Unità d’Italia, si offrirà quasi esclusivamente un’analisi della situazione romana e pontificia, in quanto questa è stata la più articolata ed esempio per gli interventi legislativi affermatisi in tutti gli Stati preunitari della penisola (oltre che per evidenti questioni di complessità dell’ambito in esame).
Nel corso del tempo, i concetti di bene culturale, patrimonio culturale e tutela dello stesso si sono evoluti con gli sviluppi storico-artistici (e culturali) e col progredire della sensibilità della società in cui questi si trovano o hanno avuto origine. Questa evoluzione, però, non è stata continua e con un carattere sempre positivo, ma è caratterizzata da una serie di interruzioni e fasi dovute ai fatti della Storia.
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Tra le varie civiltà dell’Antichità, il popolo romano fu il solo che pose leggi scritte per la tutela delle opere d’arte (ovviamente con propositi diversi da quelli attuali) mentre, nei secoli precedenti l’affermazione della civiltà romana, la conservazione delle testimonianze del passato era garantita esclusivamente in virtù dei caratteri sacrali delle costruzioni e dei luoghi naturali che l’uomo attribuiva loro (tale concezione, nel tempo, tese a secolarizzarsi – come si vedrà nel contesto latino) o dei valori civici, che hanno le radici nei miti.
Inizialmente, questo popolo di contadini e guerrieri guardava con sospetto alle attività artistiche e ai suoi prodotti; solo dopo le grandi conquiste militari, a partire dal 212 a.C. (anno della conquista di Siracusa), si iniziò a guardare con occhio diverso le opere del genio artistico: l’opera d’arte (da intendersi come ciò che era frutto della civiltà greca, magno greca e siceliota) è ora considerata un oggetto materiale che assume valore di simbolo della potenza di Roma sul suo nemico e, di conseguenza, l’insieme delle opere depredate e portate nella capitale latina in seguito ai trionfi militari funge da somma dimostrazione della forza dei latini nel contesto dell’area del Mediterraneo. In questo periodo si afferma, però, anche il nuovo fenomeno dell’interesse collezionistico dei romani più facoltosi per gli oggetti pregiati e artistici in quanto tali, quali espressioni della ricchezza e della cultura delle famiglie (su modello delle corti ellenistiche e orientali – in particolare quelle pergamena e tolemaica).
Quindi, la tutela, più che puntare alla salvaguardia dell’importanza artistica e culturale di un determinato elemento artistico (e, in senso lato, culturale), tendeva alla protezione di questo valore simbolico (e a volte anche sacro) che il popolo di Roma attribuiva a questo frutto delle conquiste o nato dalle mani di artisti/artigiani al servizio della Repubblica, e poi dell’Impero.
Di grande rilievo furono le leggi che si prefissavano, come obiettivo, la tutela dell’ornato degli edifici sia in età repubblicana che imperiale (le prime delle quali risalgono all’epoca di Giulio Cesare e furono portate avanti dall’erede Ottaviano Augusto) proibendo di modificare e deformare la decorazione degli edifici senza apposite autorizzazioni; si affermò anche il concetto di pubblicità delle opere giunte a Roma come bottino nel corso dei trionfi, e per questo esposte presso edifici pubblici (come terme e templi) dopo le popolari orazioni di Marco Vipsanio Agrippa: le più significative furono la Lex Municipalis, la Lex Genitivae Julia e la Lex Malacitana. Significativo è vedere come queste leggi, concepite in virtù delle politiche delle istituzioni, furono osservate nel corso della storia dell’Impero. Con l’ “età dell’oro” di Roma (coincidente col governo di Cesare e il principato di Augusto), la sensibilità del popolo romano era tale da garantire, oltre alla fioritura delle arti, un maggiore rispetto per le leggi promulgate in ambito culturale; inoltre, si tende alla considerazione della cultura come qualcosa di “dominio pubblico”, di cui tutti avevano il diritto di godere.
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Con gli imperatori successivi, le leggi mirarono alla cura per il restauro delle fabbriche pubbliche deteriorate, oltre alle attività per rendere la città sempre più sontuosa e pratica: la demolizione delle costruzioni private su suolo pubblico, il divieto di rovinare lo splendore degli ornamenti (oltre alla costruzione di edifici a contatto con i monumenti pubblici), la conservazione delle decorazioni originali, la salvaguardia del gusto antico.
Parallelamente alla stesura di queste norme, la civiltà romana si avviava al declino e, contemporaneamente, diminuiva il rispetto per le leggi in materia di tutela, nonostante gli impegni degli imperatori, come Teodosio I e Onorio, per la salvaguardia delle testimonianze del glorioso passato (basti ricordare il Codice Teodosiano, in particolare il Libro XV Titolo I intitolato De operibus Publicis). Soprattutto il desiderio di possedere anche un solo elemento artistico del glorioso passato portò i privati, con la scusa di ricostruire gli edifici pubblici, a demolire opere antiche in rovina per poter costruire le proprie dimore; questi ottennero anche false licenze soprattutto quando gli imperatori risiedevano fuori Roma (poi puniti con un’apposita legge del 458 d.C.).
A ciò contribuì anche l’ascesa della religione cristiana nel corso del IV secolo d.C., che, con la scusa di distruggere i falsi idoli pagani, contribuì alla perdita delle opere classiche garantendo, paradossalmente e quanto meno in parte, la salvaguardia degli edifici (compresi gli antichi templi) che erano utilizzati sia per finalità pubbliche che sacre (con la conversione in chiese). Quindi, in sintesi, il popolo romano fu il primo a prevedere norme per la tutela del patrimonio artistico, ma con la sua stessa decadenza e l’espansione del Cristianesimo all’interno dell’Impero, il rispetto per le antiche tradizioni e le leggi imperiali venne meno (come confermano le spoliazioni dalle costruzioni antiche per utilizzare i materiali nei nuovi cantieri), e le invasioni barbariche segnarono il colpo definitivo alle già deboli tendenze volte alla salvaguardia della tradizione classica.
(fine prima parte)
Marco Rago © centoParole Magazine – riproduzione riservata
foto: Marco Rago