Di certo nella esperienza vita si può scegliere; in un modo o nell’altro possiamo prendere delle decisioni. Peccato che spesso ciò che ci spinge a decidere sia una conformazione nevrotica. La nevrosi è una sorta di cortocircuito che non riesce a fare convivere legge e desiderio, e ne risulta una macchinosa e complessa macchina di caos che si barcamena tra rinunce e ribellioni.
Il sintomo è il ritorno del rimosso e su questo si può iniziare ad ascoltare le cose che ci sembravano interdette, uno squarcio grazie a questo elemento che ritorna a noi tradotto artisticamente.
Se, una volta ascoltato il sintomo e resosi conto che si sta girando intorno senza prendere una vera via, si decide di fare “qualcosa” per uscirne ciò che ci si para innanzi è “Il percorso analitico”.
A questo punto però la cosa non si semplifica, anzi…Se si pensava di trovare un modo che potesse alleggerire e risolvere le questioni magicamente o ritualmente, le cose si mettono male, perché un percorso che ci conduca ad una trasformazione comporta non solo un duro lavoro ma anche impegno e rigore.
La via della trasformazione esige un investimento assoluto e una scommessa che metta in gioco la stratificazione dei luoghi comuni e mentalità create appositamente dalla nevrosi per farci trascorrere, in uno stato di relativa inconsapevolezza la nostra, breve e densa di illusioni, vita.
Insomma si entra in un labirinto dal quale si deve riuscire, trovando la strada, dopo avere combattuto con il Minotauro. Non è una passeggiata.
Ciò che attende chi decide di porsi la questione della trasformazione è un lungo percorso nel quale tutti i succedanei che ci hanno nutrito a addolcito si debbono far “cadere” e sciogliere alla luce del sole della consapevolezza. Tutta una serie di investimenti oggettuali che hanno lastricato il viale dei nostri passi diventeranno, alla luce della conoscenza, una ridicola e inutile perdita di tempo.
Il denaro che si spendeva per mettere a tacere il sintomo ritrova la sua valenza come investimento per ascoltare le logiche che ci spingono al fare.
Gli ostacoli sono molti, perché la nevrosi non lascia facilmente perdere la soddisfazione a portata di mano che ha trovato nel farci percorrere circolarmente, sempre su noi stessi.
Uno dei primi ostacoli è intendere che si deve abbandonare l’idea di ben essere, di comodità, di principio del piacere.
Questi sono le sirene che, metaforicamente, senza che ci si renda conto, ci incatenano; le maghe Circe che ci trasformano, metaforicamente, senza che ci si renda conto, in “porci”, i “luoghi di gioco” che , metaforicamente, senza che ci si renda conto, fanno diventare Pinocchio asino e poi pelle da tamburo.
Questa è la questione: “senza che ci renda conto” si diventa soggetti atti a mangiare, copulare, divertirsi, soffrire, comperare e morire, con qualche intermezzo più o meno artistico, culturale, etc.
Ma il percorso non è a portata di mano. Le difficoltà esige la sfida, gli appuntamenti esigono l’impegno.
Occorre ricordarsi che le cose non sono facili, che, senza la difficoltà, non si ottiene nulla.
Se state facendo un percorso facile questo non vi porterà mai alla trasformazione/ crescita, trasformazione di pensiero, di sguardo, di ascolto, di intendimento, di elaborazione, di progetto, di riuscita (una riuscita non necessariamente sociale, ma individuale, personale con conseguenti effetti nelle relazioni).
Ma, dopo tutto ciò, posso anche aggiungere che a tutto questo ci si arriva, inciampando, resistendo, imprecando, con la voglia di non proseguire, con la tentazione di smettere, con la convinzione che nulla serva (le tentazioni di rimanere uguali), perché trasformarsi può anche fare un po’ di male, ma, appena si inizia a percepire la leggerezza e la dissoluzione dei macigni che ci ingabbiavano, tutto questo diviene alimento insostanziale per proseguire, con gioia e con rabbia, ma proseguire.
Perché si inizia a intravvedere il cielo e si intende che le cose sono meravigliosamente leggere e infinite…
Roberta de Jorio ©centoParole Magazine – riproduzione riservata