Nell’ambito del Lagunafest di Grado, è stato presentato ieri sera, in prima assoluta, alla Diga Nazario Sauro, il secondo capitolo del documentario “I segreti del golfo”, realizzato dalla sede regionale della Rai del Friuli Venezia Giulia.
A condurre la serata è stata la giornalista Rai Marinella Chirico. Tra i presenti gli artefici di questa seconda parte del documentario, nata dal primo capitolo, presentato alla scorsa edizione del Festival.
Una serata di passioni per il mare, per la storia e per tutto ciò che il mare restituisce, iniziata con la lettura di “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne, da parte dell’attrice Emanuela Grimalda, che è riuscita a creare un momento ricco di pathos.
Parola chiave dell’incontro è stata proprio la “passione”, perché, come ha ricordato Marinella Chirico, citando Hegel: “nulla di grande nel mondo è stato fatto senza passione”.
“Che dobbiamo aggiungere? Posso dire qualcosa di più che non è già stato detto da Hegel?” – ha ironizzato Emanuela. “La parola passione racchiude tutto. Io mi sento una donna di passioni. Penso che siano il motore dell’esistenza. Senza le passioni, la vita è un po’ come il mare: piatta.”
Durante la serata, non è emersa solamente la passione, ma anche la voglia di esplorare, di conoscere e di scoprire, condita con un po’ di mistero, che solo il mare sa regalare.
Emanuela Grimalda si è interrogata su alcune domande, nate da una riflessione fatta dopo aver parlato al telefono con l’autore del documentario: Che cos’è la profondità e che cos’è la superficie? “Mi è venuta in mente l’immagine dei delfini, degli animali marini che hanno il desiderio di comunicare con noi, di sfondare questo mondo, di venire verso di noi, e di non stare solamente sotto l’acqua, immersi in un mondo che non comunica con ciò che sta fuori. E allora mi sono detta: io ho voglia di andare in fondo e di scoprire le cose, ma anche di venire su, di risalire e di comunicare con gli altri”.
Per dirla con le parole di Carlos Ruiz: “il mare ha questa capacità: restituisce tutto dopo un po’ di tempo, specialmente i ricordi”. Infatti, come ha ricordato l’autore del documentario, il giornalista Pietro Spirito, “il mare restituisce dei ricordi, dei momenti, delle storie e la passione; la nostra passione e la nostra volontà di portarli fuori, di farli emergere e quindi di raccontarli”.
Questo documentario è un viaggio nella storia, attraverso ciò che c’è in fondo al mare. Il mare nasconde tantissime ricchezze dal punto di vista storico, ma anche da quello naturalistico. Ed è proprio per questo che il documentario è stato intitolato “I segreti del golfo”, con lo scopo di raccontare storie poco conosciute, che in gran parte si riferiscono ai relitti, che non sono altro che segni, tracce, che appartengono a tutti noi, ma che non sempre conosciamo.
“È vero che il mare restituisce – ha ribadito Luigi Zannini, autore del documentario assieme a Pietro Spirito – , ma bisogna anche cercare; cercare come abbiamo fatto questa volta – il primo documentario seguiva più una linea storico-cronologica – andando a trovare storie, che a volte non si vedono, perché sono sotto al mare”.
L’OGS (Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale) di Trieste – collaboratore di questo progetto – ha messo a disposizione delle macchine molto importanti, come ad esempio il sub bottom profiler, capace di individuare qualunque oggetto in profondità.
Un altro importante aiuto è stato quello del subacqueo professionista Gregor Basiaco: “sono stato invitato a Trieste, dove ho avuto modo di visionare la prima puntata, e abbiamo pensato che sarebbe stato veramente un peccato non farne una seconda”.
Il mare che emerge dai due capitoli di “I segreti del golfo”, è un mare che unisce, non che divide. E la sede regionale del Friuli Venezia Giulia investe un ruolo simile: quello di “ponte con il territorio – ha ricordato il Presidente dell’Ordine Giornalisti Fvg Cristiano Degano. Noi cerchiamo soprattutto di raccontare il FVG attraverso questo ideale ponte. Un ponte che ha avuto il momento più importante, anche drammatico, quarant’anni fa con il terremoto del Friuli del 1976”. Ma il ponte continua ancora oggi con eventi regionali importanti. “Noi non raccontiamo solo il nostro territorio, ma anche il nostro mare”.
Prima di iniziare con la proiezione del primo capitolo di “I segreti del golfo”, in perfetto tema
Mojolner (nave-ristorante affondata nel 1984), Emanuela Grimalda ha dedicato al pubblico una simpatica e divertente ricetta estiva, dai sapori freschi, da lei scritta tempo fa, dal titolo: “Semifreddo di ex fidanzato al caffè”. Risate assicurate.
Fondamentale è stata la presenza di Nino Caressa, subacqueo, per la realizzazione di questo documentario: “senza di lui tutto quello che è stato fatto, non si sarebbe potuto realizzare” – ha ricordato Spirito. Con entusiasmo, Caressa ha affermato che “ogni volta che si va in acqua, in qualche luogo, si trova sempre qualcosa di nuovo; c’è sempre una sorpresa”.
La parola è poi passata a Maurizio Gallinucci, montatore del documentario: “avevamo parecchio materiale grezzo, ovviamente c’era da scegliere quello migliore. Inoltre un minuto di montaggio equivale ad un’ora di lavoro. Se c’è la passione si va avanti…”
Il documentario è stato sdoppiato nelle due mezze ore televisive della programmazione della sede regionale della Rai del FVG, per dare una certa continuità e allungare questa passione e mistero, presenti nel documentario.
Nel primo capitolo si sono esplorate le acque slovene. In profondità è stato trovato il relitto della Torpediniera italiana 17 OS, risalente al primo conflitto mondiale. Il 1 febbraio del 1914 aveva riportato danni significativi, dopo aver investito, per errore, un’altra torpediniera, durante una manovra. La notte tra il 2 e il 3 luglio del 1915 una delle sue torpedini esplose, danneggiando la poppa. Dopo alcune ore, l’imbarcazione cadde a picco.
Mentre nella Baia di Portorose, davanti alla vecchia base della SISA (Società Italia Servizi Aere: la prima azienda di trasporto aereo di passeggeri e la prima ad effettuare voli regolari di linea) vi sono dei resti di un idrovolante, costruito, alla fine degli anni ’30, nei cantieri di Monfalcone, risalente al secondo conflitto mondiale. Da ciò che è rimasto si è ipotizzato che doveva trattarsi di un Cant Z.506 Airone, impiegato prima come bombardiere, e poi come ricognitore per il recupero degli equipaggi dei nostri aerei abbattuti in mare.
Le acque slovene nascondo ancora molti tesori e storie che valgono la pena di essere scoperti come il Transatlantico Rex, nave da crociera varata a Genova nel 1902. Messa in disarmo durante la guerra, venne requisita dai nazisti, nel porto di Trieste. Nel settembre del 1944 fu bombardata e affondata dagli aerei Alleati, nei pressi di Pirano. Difatti, al Museo delle attività subacquee, sono conservati i cimeli di chi ha lavorato ed operato in fondo al mare. Un esempio sono gli scafandri dei palombari che fecero a pezzi il transatlantico, fornendo acciaio all’allora repubblica jugoslava. A Isola, invece, Marjan Kralj ha dedicato al Rex, un piccolo Museo.
Un altro relitto che merita particolare attenzione è quello della Motozattera germanica, denominata F956, costruita nel settembre del 1944, nel cantiere San Marco di Trieste, su progetto tedesco del 1941. Le motozattere venivano chiamate “i muli del mare”, per la loro capacità di trasportare carichi di ogni tipo.
Il 15 dicembre del 1944, non lontano dalla costa di Pirano, durante un trasporto di materiali verso Trieste, la motozattera entrò in collisione con un’altra unità germanica. Si capovolse e affondò. Alcuni pezzi sono conservati nel Museo del Mare Sergej Masera a Priano.
Davanti alla costa di Grado, invece, alcuni aerei della RAF, attaccarono un convoglio di imbarcazioni tedesche in fuga da Trieste e dall’Istria, nei primi giorni del maggio del 1945. Una mina magnetica tedesca è stata trovata poco distante dalle spiagge di Grado.
L’attrice Emanuela Grimalda, prima della seconda proiezione, si è immersa nella lettura di “L’antenato sotto il mare” di Pietro Spirito, regalando al pubblico forti emozioni.
“Quando si varca l’arco di ingresso al tempio dei sogni, lì, proprio lì, c’è il mare” (Luis Sepulveda). “Ma che cos’è per voi il mare?” – ha chiesto Marinella Chirico ai presenti.
“Questa domanda mi fa tornare alla mente la mia giovinezza a Trieste – ha raccontato Emanuela Grimalda. Con gli amici andavo sul Molo Audace e assieme guardavamo l’orizzonte; questa linea del mare che da sempre mi ha tanto impressionato. È una linea che unisce o separa il cielo dal mare.
All’età di 18-19 anni avevo il desiderio di andare oltre a quella linea, di vedere cosa c’era più in là del mio orizzonte; e penso che quel pensiero di allora ancora mi accompagna. Ho sempre il desiderio di andare oltre a quello che mi sembra già di conoscere, che è un’illusione perché non lo conosco. È un limite che non esiste: l’orizzonte è una linea immaginaria, però ho questo spirito, questo motore che mi porta sempre a navigare”.
“Il mare è anche la mia officina quotidiana. Il mio posto di lavoro” – ha proseguito Gregor Basiaco.
Però può avere anche un aspetto “ludico, può essere un momento di relax, la spiaggia, fare il bagno, ma è anche un pianeta da esplorare, che ha delle sue regole, delle sue dimensioni, che bisogna rispettare” – ha aggiunto Pietro Spirito. “Ma il mare è sopratutto ricerca di storie, che trovi sott’acqua” – per dirla con le parole di Luigi Zannini.
Sicuramente “chi è nato in riva a questo golfo, ha da sempre il mare nel sangue. Ci sono altre città di mare, ma poche come quelle affacciate su questo golfo, da Muggia a Grado, passando per Trieste, vivono il mare da così vicino: a Trieste il mare arriva fin alle soglie della piazza principale” – ha concluso Cristiano Degano.
Il secondo capitolo del documentario “I segreti del golfo” ha esplorato, con le imbarcazione del gruppo sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Trieste, i fondali di Trieste, scoprendo altre interessanti storie.
La nave Mojolner, varata come nave-traghetto nel 1930 in Danimarca, nel 1975 venne trasferita a Trieste, dove venne messa in disarmo e trasformata in ristorante. In una mattina di settembre del 1984, dopo una notte di forte libecciata, affondò. Ma questa imbarcazione nasconde in sé anche un velo di mistero: la notte del 1 maggio del 1971, un incendio divampò a bordo del traghetto, attraccato al Molo Venezia. Quando arrivano i vigili del fuoco, trovano all’interno il cadavere di un uomo: Nicola Arcon (44 anni), che in passato aveva lavorato a bordo del Mojolner. La sua morte è ancora oggi un mistero.
Sempre nelle acque del golfo di Trieste si trova pure il relitto della motonave Fusina. Varata oltre un secolo fa, dal 1928 al 1946 operò a Venezia, mentre dal 1966 a Trieste, dove, alla fine degli anni ’70, affondò a causa di una falla.
Non va nemmeno dimenticata la Corazzata Cavour, una potente nave di battaglia della Regia Marina, varata nel 1911 e rimodernata fra il 1933 e il 1937, nel Cantiere San Marco di Trieste. La corazzata di Cavour la notte tra l’11 e il 12 novembre del 1940, fu gravemente danneggiata da un siluro lanciato da un aerosilurante inglese. Il tentativo di recuperarla venne affidato alla ditta triestina Tripcovich, sotto la direzione del Barone Goffredo de Banfield, per poi passare nel Cantiere San Marco. Ma, purtroppo, nel 1945, venne colpita dai bombardieri americani capovolgendosi.
L’ultima parte del documentario si è chiusa con una parentesi dedicata alla biologia e alla geologia del golfo: dalla presenza delle trezze, vere e proprie barriere coralline ricche di vita e colori, la cui presenza potrebbe essere legata ai giacimenti di gas metano, sul fondo di questa parte dell’adriatico; alle varie e innumerevoli specie che popolano i fondali, come l’astice, il grongo, il gattuccio, il gattopardo.
Ma nel Mare Adriatico, in anni non tanto lontani, nuotava pure lo squalo bianco. Tra il 1872-1890 vennero catturati, nella zona dell’alto adriatico, in particolare nel golfo di Trieste, trentatré squali bianchi, lunghi oltre 2m. Nel 1906 venne catturata Carlotta, uno squalo lungo più di 5m, ora conservato nel Museo di Storia Naturale di Trieste. In quegli anni, c’era una colonia di squali bianchi che è perdurata fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Dopo gli anni ’70 del Novecento non c’è stata prova che ha permesso di accertare la presenza dello squalo bianco, in queste acque.
Il Lagunafest continua ancora oggi, con un ultimo appuntamento all’Hotel Astoria, dedicato alle Olimpiadi e agli sportivi della nostra regione.
Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.
Foto di Nadia Pastorcich
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