La questione è questa: per essere “adulti”, ovvero essere consapevoli di ciò che stiamo facendo e vivendo, è essenziale il parricidio e la sessualità.
Il parricidio: ovvero il non più delegare la legge all’altro, fondandosi così come eterni, incapaci, figli.
La sessualità: ovvero l’intendere che non vi è un atto magico nel quale attuare il momento di assoluta realizzazione dell’ideale.
Come avvertire se si è adulti?
Chiedendosi quante volte si è saltato un appuntamento, appuntamento creato e voluto dalla propria domanda. L’appuntamento infatti è sempre con “se stessi” (anche se non si è mai gli stessi), con la propria domanda.
Non vi è nessuna “giustificazione” nell’essere assenti a questa domanda se non nel tentativo di rappresentarsi come mancante, come figlio.
Cosa comporta il non esser adulto?
Comporta la percezione che qualunque cosa si faccia sia sottoposto alla mancanza, al giudizio e alla conseguente rivendicazione con l’altro (l’adulto-madre.padre) che “avrebbe” (la possibilità di fare), che “potrebbe” fare idealmente, (ovvero realizzare il sogno) etc etc.
Essere adulti dissolve questo fantasma/fantasia, facendo secondo parola, ovvero secondo la scommessa che si enuncia parlando, che diviene appuntamento, gioco e rigore.
Senza scusanti, senza giustificazioni, ovvero senza ripetute scene, rappresentazioni, che si rivolgerebbero sempre al fantasma materno.
L’appuntamento non è il luogo dove si realizzano le fantasie, non è la scena della compiuta soddisfazione della domanda. L’appuntamento è sempre mancato, in quanto la domanda è infinita, ma proprio per questo non occorre mancarlo, esserne fobici.
La vita non è una continua scena familiare, dove l’altro è sempre il padre o la madre.
La vita è una scommessa che punta all’assoluto dove sono in gioco i nostri desideri e pulsioni che attendono una legale via di scrittura dove l’altro è straniero, provocazione, squarcio per introdurre l’infinito.
Roberta de Jorio ©centoParole Magazine – riproduzione riservata.