La danza delle parole (elementi di psicanalisi): vacanze

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Sta arrivando la bella stagione e ciascuno in cuor proprio ambisce a scappare dalla routine quotidiana, per immettersi in nuovi posti, da vivere con nuovi ritmi.
La quotidianità, con le sue automatiche scansioni temporali, con i doveri e obblighi, ci sottomette spesso alla “rinuncia”di tempi, spazi e desideri che si annidano in noi, come bozzoli che attendono di divenire farfalle.
Questioni spesso sospese che nascondiamo, per comodità, sotto il “tappeto” della nostra stanza mentale e che attendono di essere finalmente ascoltate.
Sospesa la catena di montaggio che ci travolge e obbliga a scelte veloci e poco attente, quando arriva l’estate ci regaliamo, potendo, le famose vacanze, a volte in altri luoghi, a volte solo in quanto sospensione del lavoro, per riprendere ad assaporare quel che di noi è rimasto assopito e intorpidito durante l’anno lavorativo.

Questa è una consolidata abitudine dal dopoguerra in poi, anche in Italia, e va bene se le problematiche alle quali ci si desidera sottrarre sono di carattere contingente; ma se si vuole sfuggire a questioni inconsce la cosa è più complessa.
In quei giorni ci aspettiamo molte cose, spesso troppe; un po’ come il “sabato del villaggio” ci attendiamo situazioni che spesso non si presentano risolutive o allietanti, come ce le immaginavamo.
Qualcosa ci accompagna, nonostante la decisione di essere “leggeri” e di gettare alle spalle i problemi e le questioni: l’inconscio. Già, perché l’inconscio non va in vacanza.
Così, se si pensava di sfuggire a ciò che avevamo lasciato a chilometri di distanza, queste le ritroviamo anche nei luoghi deputati al divertimento. Alle volte anche accentuate. Ovvero più le si vogliono cacciare dalla porta e più si presentano bussando alla finestra.
Le questioni partono sempre da una sospensione del nostro divenire per ciò che le nostre potenzialità esigono. Sospensione dovuta a difficoltà incontrate nel cammino, da resistenze, da rimozioni, paure, sensi di colpa.
La logica che ci ha portano a fare scelte, a rimuovere inconsciamente problematiche che non si riesce ad affrontare, ci accompagna sempre, e sempre ci chiede di essere ascoltata, a casa, all’estero, al mare, in campagna, in montagna.
Pensare che possa esistere un luogo fisico dove le nostre questioni inconsce possano trovare “pace”, senza essere ascoltate, è come credere che vi siano alternative all’ascolto, sostituendolo con sostanze /luoghi, situazioni/compagnie che possa inebriarci fino a non aver più necessità di affrontare e dissolvere le questioni (domande) che incalzano in noi.
Ovvero facendo divenire la vacanza una sorta di sostanza benefica che possa calmare, colmare la domanda d’altro che ci inquieta.

C’è un tipo di vacanza che più sottolinea il percorso del movimento inconscio, ed è il viaggio. Chi sceglie il viaggio, in qualche modo, rappresenta il percorrere delle questioni che richiedono udienza, ci impongono delle difficoltà che parallelamente, simbolicamente, si allineano alle difficoltà che dovremmo attraversare anche nel nostro viaggio psichico.
Il viaggio è la rappresentazione della vita, delle difficoltà da vivere, ascoltare, superare, senza farne un limite da assumere.
Il bagaglio da portarci dietro è sempre l’ascolto, perché senza di esso è impossibile procedere.
Ascoltandoci, senza aver paura di ciò che si potrà scoprire, di dare ascolto ai lembi del desiderio, traducendolo legittimamente in scrittura nel reale, riusciremo ad affrontare qualunque realtà e situazione, qualunque interlocutore, qualunque difficoltà.
E la vacanza sarà l’aria della parola, del pensiero, dell’ascolto, della decisione, sapendo che nessun luogo potrà mai essere come la libertà di fare, legittimamente, ciò che il desiderio inconscio chiede.

Come dice Freud “Ciò che Es era occorre che Io divenga”.
Buon viaggio

Roberta de Jorio ©centoParole Magazine – riproduzione riservata. 

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