Si può ridere per più di due ore consecutive? Con “L’ora del Rosario” questo è possibile.
Rosario Fiorello dopo aver toccato varie città italiane, martedì 9 e mercoledì 10 febbraio è arrivato al Politeama Rossetti di Trieste. Ma prima di giungere sul palcoscenico, lo showman siciliano ha esplorato la città cogliendo quelle che sono le tipiche caratteristiche e i modi di dire dei triestini.
Un teatro gremito di gente ha accolto calorosamente Rosario Fiorello. Vestito da prete con al suo fianco il chierichetto “Enrico” (il musicista Enrico Cremonesi), Fiorello ha percorso la platea salutando il pubblico e invitandolo a pregare. Quelli seduti in prima fila? Gli evasori; mentre quelli in loggione i poveri. Ma ricordate, gli ultimi saranno i primi. È iniziata così “L’ora del Rosario”.
Da prete a showman con tanto di giacca nera scintillante e scarpe alla Fred Astaire, Rosario si è presentato come un uomo di quasi cinquantasei anni, che nonostante qualche acciacco, rimane pur sempre un gran “figo”.
Dopo un discorso sui disturbi legati all’età, ha domandato se tra i presenti in sala ci fosse un dottore, nel caso succedesse qualcosa. Per casualità c’era una studentessa all’ultimo anno di medicina: Giada l’urologa – così battezzata da Fiorello. Questo dettaglio non è passato inosservato al poliedrico artista, che ha replicato: “Ah, ma allora il discorso che ho fatto prima, ti interessava…”
Oltre ai problemini della quotidianità, della prostata, che non regge più di tanto, Fiorello ha delineato la figura del genitore dei giorni d’oggi che fa di tutto pur di sembrare giovane: usa WhatsApp, le emoticons, si veste come un ragazzino, ma gli acciacchi restano comunque!
Tra una gag e l’altra e simpatici aneddoti, lo showman ha raccontato che il suo sogno era quello di fare il cantante, ma non aveva una forte particolarità vocale, come invece accade ad altri cantanti:
Vasco, Zucchero, Ramazzotti, Ligabue, Venditti, che Fiorello ha imitato con cinque semplici mosse, definendole “Imitazioni tascabili”, che possono fare benissimo tutti.
Fiorello si è anche calato nella parte di Orietta Berti, cantando la famosa canzone “Fin che la barca va” (del triestino Lorenzo Pilat), sostituendone però il testo con quello di alcuni noti brani di Vasco Rossi.
Ma le doti canore di Fiorello si sono sentite eccome: ha duettato virtualmente con Mina nel brano “Baby, It’s Cold Outside” e poi ha fatto un “salto” a Las Vegas per cantare “Quando, quando, quando” a fianco di Tony Renis.
Sorprendente il trio vocale “I Gemelli di Guidonia” (Pacifico, Luigi e Eduardo Acciarino), presentato dallo showman, che si è cimentato in un medley di canzoni con in comune il tema del tempo.
Per dimostrare la loro abilità, Fiorello ha chiesto al pubblico di suggerirgli i titoli di alcune canzoni da far eseguire al trio. Dopo il brano “Insieme a te non ci sto più” di Caterina Caselli, una signora anziana ha esclamato: “Vojo quela de Modugno…Vecchio frac”. Con ironia Fiorello ha risposto: “Ah sì, da poco ho scoperto di essere il fratello di Modugno”.
A rendere la serata ancora più divertente sono stati i riferimenti alle specialità gastronomiche triestine e alle manie di noi triestini: dal capo in b (macchiato in bicchiere), allo Spritz Aperol. “Prima di arrivare a Trieste – ha ricordato Fiorello – ero astemio, ora sono in crisi di astinenza: ho bisogno di uno Spritz!”. Per poi proseguire con la sua avventura da “Pepi” – un locale dove si mangia prevalentemente carne – da lui scherzosamente definito “ristorante vegano”, dove ha avuto modo di assaggiare il kren, scambiandolo per parmigiano.
Incuriosito del nostro modo di chiamare le parti intime femminili e maschili, ovvero “mona” e bimbin”, Fiorello ci ha scherzato su per tutto lo show, accennando perfino un’opera lirica contenente questi termini. Perché – come ha sottolineato – “più grande xe la monada, più grande xe la ridada”. Altre parole più volte riprese dallo showman sono state: cocolo (simpatico), ailo (guardalo), molime (mollami) e mula (ragazza), tanto da portarlo ad intonare “La mula de Parenzo”, seguito dal pubblico.
Non solo risate e divertimento nel corso della serata, ma anche una nota patriottica con l’Inno d’Italia cantato da Fiorello, in occasione del Giorno del ricordo.
Lo showman ha salutato il pubblico triestino ricordando affettuosamente il grande Lelio Luttazzi con due sue canzoni: “Canto anche se sono stonato” e “El Can de Trieste”. A conclusione dello spettacolo un video del tour cittadino di Fiorello, dove incontra i triestini, tra i quali un simpatico anziano che ripete il tormentone del “no se pol” (non si può).
Fiorello – lo showman per eccellenza – è stato accompagnato dal vivo dalla band diretta dal Maestro e tastierista Enrico Cremonesi, e composta da Carmelo Isgrò al basso, Massimo Pacciani alla batteria e Antonello Coradduzza alle chitarre. Lo spettacolo è scritto da Rosario Fiorello con Francesco Bozzi, Claudio Fois, Piero Guerrera, Pierluigi Montebelli e Federico Taddia, con la regia di Giampiero Solari.
Nadia Pastorcich ©centoParole Magazine – riproduzione riservata