Energia, modernità, creatività, timidezza e forza. Miela Reina racchiudeva dentro di sé tutte queste caratteristiche.
A ricordare questo talento, precocemente scomparso, sono stati i suoi amici, che ieri pomeriggio, presso l’Auditorium del Museo Revoltella di Trieste, hanno regalato al numeroso pubblico presente in sala una maratona dal nome “Miela. Gli amici raccontano”.Gli interventi sono stati introdotti dalla nuova direttrice delle Biblioteche e dei Civici Musei di Storia e Arte, Bianca Cuderi.
Va subito detto che la città di Trieste ha vissuto grandi momenti di cambiamenti, di creatività, alternati a momenti tendenti alla chiusura. Enzo Cogno e Miela Reina, con la Galleria d’Arte “La Cavana”, sono stati gli artefici del cambiamento, nell’ambiente artistico triestino degli anni Sessanta.
Come ha sottolineato il Sindaco Roberto Cosolini: “Forse non siamo stati capaci di dare continuità a questi eventi; di usare fino in fondo tutta la loro spinta, tutta la forza di queste raffiche di vento che potrebbero, come nel passato, nel presente – e mi auguro nel futuro – far navigare questa nostra barca, nei diversi campi, con tutto il potenziale di creatività, di talento, di conoscenza, di intelligenza, di cultura che riesce a mettere talora in campo”.
Se da una parte c’è Miela, dall’altra ci sono i suoi amici; amici con i quali ha costruito un realtà, un mondo artistico a sé stante, un po’ inusuale, che nel secondo dopoguerra si è concretizzato e ha avuto modo di relazionarsi con varie realtà internazionali.
Perciò la parola chiave attorno alla quale ruota l’arte di Miela e il pomeriggio a lei dedicato è “Amicizia”, e sono proprio gli Amici di Miela che hanno voluto dedicarle questa giornata.
La parola “Amici” – ha detto l’Assessore alla Cultura Paolo Tassinari – rappresenta anche una sorta di comunità, che si riconosce in questi valori e spero che le testimonianze di oggi ne possano dare conto; e spero, senza togliere nulla a Miela, che la giornata di oggi sia dedicata anche agli amici”.
Prima di dare voce agli amici, il giornalista Cristiano Degano ha presentato il filmato “Un’abilissima giocatrice. Miela Reina e l’arte viva” – un documentario dedicato a questa artista triestina, realizzato nel 1997 dalla Rai del FVG – di Paola Bonifacio e Piero Pieri. Nonostante siano passati quasi vent’anni, il filmato ha mantenuto integra la sua qualità e freschezza.
A seguito della proiezione, Carlo de Incontrera ha letto i saluti di Gillo Dorfles e Getulio Alviani, che purtroppo non sono potuti essere presenti. Dorfles ha voluto ricordare due grandi artisti: Miela Reina ed Enzo Cogno. “Questo binomio ha costituito nella Trieste degli anni Sessante un caso del tutto particolare, non solo per l’amicizia che li univa, ma per il fatto che entrambi avevano un forte interesse per l’arte. Infatti, ripensando a quella piccola galleria d’arte in via Cavana, ci rendiamo conto che nella sua intimità aveva rappresentato uno degli elementi di punta di quello che era allora il patrimonio artistico italiano e triestino in particolare […] Due artisti che nella loro originalità avevano saputo creare un’oasi di fantasia e insieme di piacevolezza creativa, senz’altro eccezionale”– queste le parole di Gillo Dorfles.
Anche Alviani ha portato alla luce il ricordo personale di questa coppia di artisti: “Non ci sono più due creature, due personalità, con le quali, inizialmente, negli anni Sessanta, abbiamo condiviso molto; e la loro presenza da allora è sempre stata in me, e continuerà finché sarò vivo tra noi, e sono certo andrà oltre, perché fa parte della storia che diventa incancellabile”.
Dopo queste due lettere piene d’affetto, l’ex direttrice del Museo Revoltella Maria Masau Dan ha ripercorso attraverso alcune immagini in bianco e nero la mostra “Anni Fantastici. Trieste dal 1948 al 1972”, nella quale c’era anche una sezione dedicata ad Arte Viva. Lorenzo Michelli si è collegato al discorso della Masau Dan, mettendo in risalto la pittura concettuale di Miela, che faceva emergere il decadimento dell’arte degli anni ’70, così definiti da Michelli: “Il periodo del decadimento di un modo di fare artistico, a favore di uno più partecipativo”.
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Un ulteriore amarcord con Carlo de Incontrera che ha rammentato affettuosamente la cara amica Miela, di cui ne sente fortemente ancora la mancanza.
Tanti ricordi con una carrellata di immagini, dalla mostra postuma, presso la Sala Comunale d’Arte, realizzata seguendo le minuziose indicazioni di Miela – “Miela l’aveva preparata in tutti i minimi particolari”, ha ricordato de Incontrera – per poi passare a quando, dopo la sua scomparsa, hanno continuato a portare in giro per l’Europa lo spettacolo Siegfried: “Una danzatrice aveva preso il posto di Miela sulla scena di Siegfried; era molto carina, molto bellina, ma non era Miela. Ad un certo momento – era il 1974, eravamo a Salisburgo – dopo lo spettacolo ho fatto venire tutti in stanza, all’una di notte, e ho detto: ‘Basta, non ne posso più’”.
Carlo de Incontrera ha passato il testimone ad Ezio Martone che ha letto alcuni pezzi inerenti la mostra introspettiva di Miela Reina del 1980, organizzata – non senza fatica – nella Stazione Marittima di Trieste.
Nel corso degli anni non solo sono state fatte mostre dedicate a Miela, ma addirittura le è stato intitolato un teatro. L’episodio della scelta del nome del teatro – rivolto ad eventi di vario genere – sottolinea il rapporto che la città continua ad avere con Miela Reina. “Improvvisamente, un giorno – ha ricordato Rosella Pisciotta – Fabio Omero ha tirato fuori il nome di Miela Reina. In quel momento si è fermato tutto. Abbiamo così deciso di scegliere questo nome”.
A precedere l’intervento musicale di Corrado Rojac dedicato a Miela Reina, è stato il ricordo di Luciano Semerani legato all’arrivo di Miela all’Accademia di Venezia: “Ha mostrato subito, pur essendo timida, sorridente, gentile, di non sopportare delle scelte autoritarie, fatte da altri. Toccava a lei scegliere il proprio insegnante. Scelse Riccardo Schweizer, giovane assistente di Saetti, che si vantava di avere avuto un incontro determinante con Picasso. Questo per dire che Miela scelse la figuratività”.
Nell’arte di Miela troviamo frecce, cuori, cuori brezel, forbici: simboli che in qualche modo rappresentano l’esistenza dell’artista, “il difficile equilibrio, l’impossibile equilibrio, tra l’allegria, la leggerezza con cui ha affrontato la vita, e un senso doloroso nello stesso tempo dell’esperienza umana” – ha sottolineato Semerani.
Terminato l’intervallo musicale, Lorena Matic ha portato le testimonianze di alcuni ex alunni di Miela Reina, da lei intervistati. Queste testimonianze le possiamo trovare in mostra all’ITIS, dove il 20 novembre del 2015, è stato dedicato un giardino a Miela. Inoltre si può vedere l’opera del 1965 “Bello chi viene, bello chi va”, di Miela Reina, prestata gentilmente dalla famiglia.
Lorena Matic ha fatto vedere anche alcuni lavori realizzati dagli studenti delle scuole superiori nell’ambito del progetto artistico “Questa Volta metti in scena…Te Stesso. Omaggio a Miela Reina”.
Lo scorso anno è stato scelto tale tema per festeggiare la decima edizione del concorso, in occasione dell’ottantesimo anniversario dalla nascita dell’artista.“Per un giovane te stesso significa mettersi in gioco, e il gioco era il metodo pedagogico usato da Miela Reina” – ha ribadito Lorena Matic.
Mario Piccolo Sillani Djerrahian, un altro grande amico dell’artista, l’ha voluta ricordare in due momenti pieni di significato: il loro incontro alla scuola di nudo di Nino Perizi, dove Miela “fece una performance incredibile, e tutti gli allievi da quel giorno iniziarono a disegnare come lei”; e le ultime foto da lui scattate poco prima di quella fatidica data, che ci mostrano Miela dipingere la fine dell’arcobaleno, la fine della sua vita.
“Quel gesto – ha detto Sillani – mi segnò per sempre, perché, col senno di poi, è chiaro che ci fu un essere per lei, un esserci che finiva, un esserci – come dice Heidegger – per completare una vita fatta di valori. E per me fu un esserci nell’interpretare il suo gesto, di farlo mio, nell’essere in tutto quello che ho fatto”.
A conclusione della lunga maratona, “ho rivissuto una fortissima emozione in questo momento”, ha esordito Paola Bonifacio, tracciando il suo ricordo di Miela e l’esperienza fatta con Piero Pieri, per la realizzazione del docu-film, a completamento della sua tesi di laurea.
L’Assessore alla Cultura della Regione, Gianni Torrenti, ha terminato la serata ricordando il suo legame indiretto con Miela Reina, avendo fatto parte del CDA del Teatro triestino a lei dedicato. Oltre a ciò ha sostenuto l’importanza di valorizzare la cultura locale.
Nella sala che precede l’ingresso all’Auditorium è stata allestita una mostra di Miela Reina che racchiude disegni e installazioni dell’artista, che il pubblico potrà ammirare fino al 14 febbraio.
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Nadia Pastorcich ©centoParoleMagazine – riproduzione riservata.
Foto di Nadia Pastorcich