Probabilmente, lo studio dei dettagli è una delle esperienze più affascinanti che uno storico dell’arte possa vivere. All’interno di un dipinto (grande o piccolo che sia) è spesso il particolare a fare la differenza, a raccontarci la storia di come quell’opera è stata concepita.
Questo tipo di analisi è stato il punto di partenza per la conferenza “Gioielli dipinti dal Tiepolo: realtà o immaginazione?” (oppure “I gioielli dipinti di Tiepolo. Il dilemma della gazza ladra: veri o inventanti?” come si evince dalle slide proiettate nel corso dell’intervento) tenuta dalla prestigiosa studiosa Gabriella Bucco nel pomeriggio del 26 ottobre 2015 presso il “Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo” di Udine.
Introdotta dal professor Giuseppe Bergamini, direttore dell’istituzione ospitante e maggiore esperto nel campo della storia dell’arte friulana, la relatrice ha svolto una brillante analisi dei “preziosi” riscontrabili negli affreschi realizzati dal Tiepolo proprio nell’ambito dell’udinese Palazzo Patriarcale (sede dei musei).
Le vicende relative alla realizzazione di questi dipinti, ampiamente analizzate dalla critica, sono le seguenti. La “Galleria degli ospiti”, fulcro del programma decorativo, viene affrescata dal celebre pittore veneziano tra il 1727 e il 1729. Nello stesso anno, firma e completa anche la volta della cosiddetta “sala rossa” del palazzo che include il dipinto raffigurante “Il giudizio di Salomone”; circa tre anni prima (1726), realizza invece il “San Michele che caccia gli angeli ribelli”, un capolavoro che ancora oggi dà risalto allo splendido scalone d’onore del palazzo (già ricordato come l’“opera muraria che non avrebbe avuto l’uguale in tutta l’Italia” nel contesto di una lettera inviata da un non meglio identificato pre’ Gioseffo al parroco di Forni nel 1725). Facendo seguito ad una notevole carriera sviluppata nel settore dell’arte applicata tra Ottocento e Novecento, Gabriella Bucco tiene conto delle prime due tra le realizzazioni ricordate nell’affrontare l’affascinante tematica del gioiello nell’arte di Giovanni Battista Tiepolo (1696 – 1770).
La “Galleria degli ospiti” illustra le vicende dei Patriarchi ebrei, ovvero “…la storia di uomini che hanno creduto nelle promesse di Dio” (Menis 2007): un ambiente destinato alle visite ufficiali, ma non al passaggio dei visitatori “…poiché dotato di una sola porta” (Pavanello 2011). Commissionato dal patriarca di Aquileia Dionisio Dolfin (1663 – 1734), questo ciclo è composto da un totale di otto scene: “Abramo accoglie gli angeli nel querceto di Mamre” e “Sara e l’angelo” (alle due estremità della parete); “Rachele nasconde gli idoli” (scena centrale); “Giacobbe lotta con l’angelo” e “La riconciliazione tra Esaù e Giacobbe” (monocromi laterali).
Sulla volta: “L’angelo conforta l’egizia Agar”, “Il sacrificio di Isacco” e “Il sogno di Giacobbe”. Completano la decorazione della galleria sei raffigurazioni di profetesse: Maria, Debora, Anna, Ulda, Elisabetta e Anna neotestamentarie; simili a statue, ciascuna di esse risulta dipinta nel contesto di una nicchia simulata. La quadratura – termine tecnico utilizzato per definire l’architettura illusionistica – dell’ambiente si deve al celebre Gerolamo Mengozzi-Colonna (1688 – 1774), che riesce in questo caso a simulare uno spazio ben più ampio rispetto a quello reale. Proprio dalla scena centrale, concepita in un contesto quasi teatrale “…con un arco di proscenio con festoni abbassati di foglie dorate e fiori” (Bergamini 2012), è partita l’analisi della relatrice: si scopre così che nel personaggio di Rachele, probabile ritratto di Cecilia Guardi (moglie del Tiepolo), sono stati mimetizzati diversi dettagli preziosi. Ad esempio, gli idoli su cui siede sono quasi sicuramente dorati; l’orecchino a cerchio che porta al lobo sembrerebbe forse troppo semplice per la figura ritratta, ma l’acconciatura “gemmata” è un chiaro riferimento alla sontuosità del Veronese e in generale alla figura femminile nell’arte del XVI secolo. Un altro particolare evidenziato ampiamente dalla dottoressa Bucco è quello della perla: tipico elemento della “Venere terrena” o dell’”Amor Profano” nell’universo pagano, la sua presenza nelle ricche vesti e nei fastosi gioielli acquista qui un significato di tipo spirituale.
La perla, simbolo di perfezione data la sua connessione alla forma geometrica del cerchio, trova l’occasione per il suo rilancio al fianco del diamante nella moda del XVIII secolo. Anche le servette che Tiepolo inserisce all’interno della composizione appaiono ornate da diversi tipi di gioiello: d’altra parte, come sottolineato dalla relatrice, le perle e le pietre di fiume sono una costante della decorazione di gioielli popolari (fino ai primi anni del XX secolo). Tuttavia, ponendo in evidenza quello che è il tema principe della conferenza (i particolari che il più emblematico pittore del Settecento veneziano prende a prestito dalla gioielleria cinquecentesca), è stato fatto notare come ad esempio le cavigliere “fantastiche” degli angeli nella scena di Abramo siano copiate ancora una volta dalle opere di Paolo Veronese. Lo stesso discorso vale anche per la scena di “Sara e l’angelo”, dove anche la cintura indossata dalla creatura angelica (simile nel suo motivo decorativo al gioiello che arricchisce l’acconciatura di Rachele) rimanda ancora una volta allo stile del XVI secolo.
Bucco fa notare come l’orecchino portato dalla vecchia Sara quasi stoni nel contrasto con la preziosa gorgiera spagnola che evidenza i dettagli del suo volto senile: già rilevato nell’ambito della scena principale del ciclo di questa stessa “Galleria degli ospiti”, l’elemento cessa di essere fuori luogo al lobo del boia raffigurato nell’ambito della sala rossa, all’interno del riquadro con “Il giudizio di Salomone”. Un dettaglio che appartiene alla moda cinquecentesca, diffuso nella Venezia del XVIII secolo attraverso la variante dell’orecchino “a perolo” (con il pendente). Il bracciale della vera madre, presente al cospetto “… del re giusto e preoccupato di difendere gli interessi dei più deboli e degli oppressi contro le ingiustizie dei potenti secondo il ruolo a lui affidato da Dio…” (Gransinigh 2011), appartiene inoltre a quella tipologia “a stiara” così diffusa nella Venezia del Cinquecento. Per arricchire la descrizione di questi particolari, modellati sull’intonaco asciutto (Alpers – Baxandall 1994), la dottoressa Bucco ha inoltre proiettato alcune fotografie degli esemplari analizzati e svolto una brillante visita guidata agli affreschi realizzati dal Tiepolo nell’ambito del palazzo. D’altra parte, tale conferenza ha idealmente concluso le celebrazioni per i vent’anni del museo diocesano (come sottolineato da Bergamini nel corso dell’introduzione alla stessa): occasione che ha permesso l’apertura dei battenti della “Galleria degli ospiti”, restituendo alla luce naturale il prezioso ciclo dedicato alla storia dei Patriarchi (29 settembre 2015).
Nadia Danelon © centoParole Magazine – riproduzione riservata
[Un’inguaribile modernista: rubrica d’arte moderna a cura di Nadia Danelon]