Si concludono oggi al Politeama Rossetti di Trieste le repliche di “Bisbetica – La bisbetica domata di William Shakespeare messa alla prova”, una rivisitazione in chiave moderna dell’opera shakespeariana, con la regia di Cristina Pezzoli, traduzione e adattamento di Stefania Bertola.
Venerdì 13, presso la Sala Bartoli, a spiegare questo testo shakespeariano al pubblico, in presenza della Compagnia dello spettacolo, è stato il prof. Peter Brown della British School. Brown si è soffermato sul titolo in lingua originale dell’opera – “The Taming of the Shrew” – sul quale merita fare una riflessione: “In inglese shrew è una bestiuzza, un piccolo roditore; quindi, nell’immaginario collettivo inglese, la bisbetica è una piccola cosa, ha toni acuti e non è intellettualmente elevata, ed è difficile da addestrare: morde prima di capire, e quando ha capito morde di nuovo”.
Nell’opera originale c’è una commedia dentro la commedia, grazie al prologo dell’ubriacone Sly, che però in questa pièce viene tagliato. Nonostante questa variazione, si può lo stesso parlare di meta-teatro: una compagnia di attori deve mettere in scena La bisbetica domata; si ritrova senza regista e a prendere le redini in mano è Caterina (Nancy Brilli) che cerca, nel poco tempo a disposizione prima del debutto, di salvare il salvabile.
Per non sforare il budget, gli attori dovranno vedersela con i trentaquattro personaggi presenti nell’opera di Shakespeare: la sarta Teresa diventa attrice, mentre il produttore (Valerio Santoro) passa da un ruolo secondario all’altro.
Come ha spiegato il prof. Peter Brown: “Questa è una commedia di specchi: i personaggi sono speculari, cambiano – solo quattro nell’opera originale non cambiano, mentre in questa rivisitazione sono tre a non cambiare ruolo. Questo crea dei problemi al regista: se tu togli o cambi o riduci uno di questi personaggi speculari, cosa rimane sullo specchio? Nulla. È questo il problema”.
“Bisbetica” assume dei toni moderni sia per il linguaggio molto colloquiale sia per la scelta musicale (Alessandro Nidi) che spazia dal pop, al rap, e perfino al tango.
Ed è proprio questa scelta che per certi versi può far rammentare il film “Baciami, Kate!” (adattamento cinematografico della commedia musicale di Cole Porter) del 1953, con Kathryn Grayson e Howard Keel, dove una compagnia teatrale deve mettere in scena la versione musicale de La bisbetica domata.
Diverso invece il film di Zeffirelli, più fedele al testo shakespeariano, dove compaiono una straordinaria Liz Taylor nel ruolo di Caterina e un eccellente Richard Burton nelle vesti di Petruccio.
Non è solo l’inserimento di un repertorio musicale attuale ad incidere sulla modernità di questo spettacolo, ma anche le caratteristiche di certi personaggi: Petruccio è il classico uomo palestrato che indossa vestiti in pelle, l’opposto di Gremio che, invece, sembra uscito da un film in bianco e nero. C’è anche l’attore effeminato dalla gestualità e dalle mise variopinte.
Questo voler essere al passo con i tempi, il portare la bisbetica domata vicina a noi, all’epoca in cui viviamo, c’è anche in Shakespeare: “La Bisbetica domata è un contenitore di pezzi folkloristici, di folklore, canzoni popolari dell’epoca, della saggezza della strada, del proverbio” – ha ricordato Peter Brown.
La pièce si apre con un ingresso dalla platea di Nancy Brilli illuminata da un occhio di bue, che mette in risalto la sua mise bianca. Da subito emerge il carattere di Caterina (Nancy Brilli): primadonna, a volte arrogante, capricciosa che poi pian piano si trasforma e fa emergere il suo lato umano e semplice, anche attraverso gli abiti che indossa, molto più “casual”. A fianco a lei troviamo un Petruccio (Matteo Cremon) spavaldo, sicuro di sé che da subito mette in chiaro quali sono le sue intenzioni; e una Bianca (Brenda Lodigiani) frivola, dal linguaggio alquanto colorato, che non conosce il copione a riguardo, perché legge solo le sue battute, e che non vuole rinunciare alle minigonne, indossando i costumi di scena.
Lucenzio (Stefano Annoni) è un giovane attore insicuro; mentre Tranio (Dario Merlini) ricerca l’originalità; Gremio (Federico Pacifici) è un attore di lunga esperienza, un po’ disilluso; Ortensio (Gennaro di Biase) è un uomo dai toni esagerati, caricaturali. Troviamo anche un Grumio (Gianluigi Igi Meggiorin) un po’ malinconico; un dr. Jolly (Valerio Santoro) versatile; e la sarta Teresa (Valentina Martinelli) che si fa poi attrice.
“In Shakespeare il servo diventa padrone, il signore diventa l’insegnante – ha sottolineato Peter Brown – I personaggi cambiano sesso facilmente e cambiano tante altre cose. Oggigiorno possiamo accettarlo, ma all’epoca di Shakespeare questo aveva un significato, un messaggio ben preciso; e il pubblico sapeva qual era quel messaggio”.
Nel monologo finale della Bisbetica le due Caterine si uniscono: la Caterina attrice mette da parte i capricci da primadonna e la Caterina bisbetica si dimostra ormai domata.
Una scenografia semplice (firmata da Giacomo Andrico), enfatizzata dal gioco delle luci (di Massimo Consoli) che diventa spazio d’azione dei personaggi, che si mettono in gioco e cambiano ruolo con i costumi Nicoletta Ercole.
Una bisbetica domata messa alla prova, ma anche un pubblico messo alla prova!
Nadia Pastorcich © centoParole Magazine – riproduzione riservata.