Confesso che, a parte sapere che Elisa Gandolfo fosse una ottima illustratrice e disegnatrice, di lei conoscevo poco altro. Sono andato a documentarmi prima di contattarla e ho, come di prammatica, iniziato a sfogliare i suoi portfolio online.
Facendolo, mi sono reso conto che uno dei motivi per cui il direttore del nostro Magazine mi aveva chiesto di parlare ancora con lei è perché conosce bene il mio immaginario di riferimento, nel campo del figurativo, e sapeva che nel lavoro di Elisa avrei trovato parecchi punti di contatto. Oltre ad una capacità tecnica innegabile (ed eclettica), c’è, nella sua arte, un tono sospeso fra il Noir e il Fantasy; c’è un certo humour, c’è un’attrazione verso i simboli.
Ma di Elisa abbiamo già scritto qui, su centoParole, già qualche tempo fa: quello di cui non avevamo scritto è la novità, ovvero la sua nuova avventura nel corto d’animazione. Il risultato è “Il principe”, un lavoro che sta circolando e raccogliendo consensi, e che ha già raccolto premi e riconoscimenti.
Dopo aver visto le illustrazioni, gli estratti di Graphic Novel e gli schizzi, fino ad arrivare ai Teaser e al trailer de “Il Principe”, istintivamente ricado in una mia abitudine e curiosità oramai molto radicata. Ogni qual volta mi trovi davanti a chi dipinge, fa fotografia o fa musica o scrive – mi domando quale sia la personale formazione in termini di stimoli. Me lo chiedo non perché non trovi originale il lavoro che vedo (che è, a ogni modo, tutt’altro che già visto) ma perché sono convinto, oltre misura, che tutti noi costruiamo la nostra originalità nel crescere, guardando al lavoro dei ” grandi”.
Elisa, guardando il tuo lavoro mi vengono in mente, a pelle, una serie di nomi… dimmi se ti risuonano: Gaiman, Kirchner, Rivera e Frida Khalo, Emanuele Luzzani, Hugo Pratt …
Ci hai preso, assolutamente, soprattutto nell’ultimo periodo sento le persone che indovinano al primo colpo gli autori a cui guardo (che sono mille mila), il che da un lato mi preoccupa e dall’altro mi fa capire che sto andando nella direzione che mi piace. Spero veramente di non somigliare a nessuno, mi sembra di digerire a pieno tutti gli autori e le immagini che vedo ogni giorno… ma guardo ai grandi, per ispirazione, per semplice piacere, oppure per vedere come risolvono alcune cose per quanto riguarda l’animazione.
Lo speciale “Tagliacorti” su “Il Piccolo Video – Trieste”
Guardando il trailer mi piace notare come l’immagine sia così ben costruita… ha un’animazione che mi ricorda il movimento dei pupi siciliani. E l’animazione anche di cose come “Principi & Principesse” di Ocelot, che si rifà alla tradizione delle marionette da ombre cinesi. Può essere che tu abbia fatto una scelta precisa in questa direzione?
Il sapore da marionetta è voluto, l’animatore è Davide Salucci (che è anche il regista). Ogni tanto ripenso che l’avrei voluto disegnare con un sapore ancor più alla Luzzati, però ero anche relegata al fatto che in seguito le espressioni degli attori sarebbero state “reali” – gli attori in carne ed ossa hanno dei sensori con i quali il disegno si muove attraverso di loro, perciò occhi e bocca sono reali (con un filtro che li rende disegnati). Non sarebbe stato bene, un effetto del genere, su un lavoro più tradizionale, senza contare le parti realizzate in grafica tridimensionale, come l’entrata nelle stanze della principessa e della strega.
Nell’animazione dei volti gli occhi e le labbra in movimento sono effettivamente degli interpreti, in una tecnica che è naturale evoluzione del “Synchro vox”, che la Columbia Studios utilizzò negli anni Settanta per alcuni Cartoon televisivi, come ad esempio “Clutch Cargo”. Ma qui la faccenda è stata gestita in modo molto più articolato. Davide Salucci ha utilizzato anche la tecnica del “Face Tracking” per far si che si potesse utilizzare i tratti di occhi e bocca degli interpreti anche in scene dinamiche e non solamente nei primi piani statici.
Come è stata la genesi di questa fatica di te e Davide Salucci? Intendo a partire da come vi siete conosciuti, da chi è partita l’idea… e magari anche occhieggiando al discorso produttivo, poiché mi sa che realizzare animazione in Italia non è una cosa semplicissima, soprattutto se poi si vuole avere accesso ad una distribuzione decente.
Invalid Displayed Gallery
Mi ha contattata Davide stesso. Stava cercando un disegnatore e gli è arrivato il mio nome (la mia pagina Facebook mi ha aiutata moltissimo nell’ultimo anno). In quel momento ero in Grecia beata, ma all’idea di un progetto così nuovo non vedevo l’ora di tornare per iniziare subito. Ci siamo incontrati e ho visto immediatamente che aveva le idee molto chiare, la visione, ed è stato anche molto astuto a trovare una soluzione per usare “pochi” (fra virgolette) disegni: quella di trattare il corto in poche scene dove il gioco (del principe) è proprio il suo andare e venire, andare e venire senza capirci nulla.
Siamo partiti con bozze, documentazione; nel frattempo lui faceva studi a casa, animava, lavorava sui testi con gli attori etc. Una grande fatica, con mille incidenti nel mezzo, eravamo tutti e due alle prime armi: io non avevo mai disegnato con la tavoletta grafica prima di questo progetto, e mi ha impegnata e affaticata tantissimo, mi sembrava di non saper più disegnare. Sono partita, per aiutarmi, da dei disegni a biro, staccando i personaggi e i paesaggi in livelli di Photoshop. Ci sono stati problemi con il software e via dicendo, tutto quello che puoi immaginare, ma quando abbiamo visto che stava prendendo forma ci siamo caricati. Nessuno si aspettava un risultato del genere, era assolutamente un esperimento.
Una impressione che ho è che ci sia stata nei tuoi disegni una scelta cromatica precisa… è così?
Assolutamente sì, ho fatto molte prove colore prima di arrivare al definitivo. Era chiara l’idea che ci dovessero essere dei richiami tra la strega e la principessa, una sorta di scacco tra i due ambienti. Come psicologia del colore ho usato banalmente il calore per la figura della principessa e le tinte fredde per la strega.
Una curiosità che ho riguarda la scelta di lavorare/ giocare con l’elemento classico, iconico delle fiabe del triangolo principe, principessa, strega.
Ti rispondo assieme a Davide. Devo ammettere che il finale è stata la parte che più ci ha impegnati nella scrittura. Ci ha sicuramente messi in difficoltà: come terminare questa storia? Infatti questo “triangolo” permette molteplici finali, che possono però essere suddivisi in: ‘Uno – il principe uccide entrambe (tragico)’, ‘Due – uccide la strega giusta (positivo)’, ‘Tre – uccide quella sbagliata (negativo)’ , ‘Quattro – infine non uccide nessuna delle due’. Questi a grandi linee erano i quattro possibili finali. Ora quello che più ci interessava, e che a nostro avviso meglio rappresenta la nostra sensibilità, è stato il finale “nichilista”: il principe sceglie di non scegliere. E questo perché, sulla scia di molti grandi pensatori, riteniamo che sia lo spirito che caratterizza la nostra epoca. L’insicurezza, l’individualismo, la caduta di valori fissi e fondamentali … In verità questo finale è la negazione stessa del finale. La storia non finisce, ma appena inizia. E poi questo finale permette di mantenere viva l’ambiguità di fondo tra strega e principessa, che caratterizza tutta la storia.
Avete raccolto molti riconoscimenti.
Assolutamente inaspettati. Della partecipazione ai concorsi se n’è occupato Davide, ma so che anche da parte sua è stata una sorpresa. Non che a lavoro impacchettato non fossimo soddisfatti. Finora siamo stati proiettati a Bazzano (Bologna), alla Ca’ Foscari in un festival internazionale, adesso è arrivato il doppio premio a “Tagliacorti”. Poi ci sarà Napoli …
Come al solito io andrei avanti a parlare a lungo, persistendo nel mio vizio di chiacchierare più che intervistare, per cui mi argino. Resta la sensazione che “Il Principe” sia un corto di animazione davvero ottimo, perché guarda un po’ a certi elementi storici dell’animazione come i lavori di Luzzati e la tecnica del “Synchro Vox”, ma anche perché queste stesse tecniche vengono rinnovate e rivisitate, arricchite utilizzando quello che oggi offre la tecnologia. Perché gioca con leggerezza con temi forti dal punto di vista simbolico come quelli della fiaba classica, senza però tralasciare un sotto testo più che serio e importante. E anche in fondo perché dietro questa bella realizzazione c’è un lavoro che è stato alimentato dal desiderio di affrontare strumenti nuovi.
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