“Sono nato e mentre aspetto di morire uccido il tempo facendo fotografia.”
Così apre la sua biografia Alva Bernadine definendo se stesso anche nuova “sottocultura individuale”.
Quest’artista è uno dei più influenti fotografi di scatti erotici contemporanei.
Classe 1961, dai tratti eccentrici e provocatori si rifà direttamente ai canoni del movimento surrealista. Il ‘Bernadinism’, ovvero la sua produzione, è caratterizzata da scatti nei quali salta all’occhio una ricerca pretenziosa di sperimentazioni nell’ambito dell’erotismo e un’abile destrezza dei giochi prospettici.
Questi aspetti sono maggiormente riscontrabili nella costruzione del set di “Reflect Upon This”: una serie di immagini raffiguranti nudi di donne che si riflettono e scompongono sulla superficie di specchi creando così improbabili frammentazioni del loro stesso corpo.
L’obiettivo del fotografo come riportato sul suo sito Internet personale è quello di far soffermare le persone sulle proprie opere: “Ogni giorno le persone vedono milioni e milioni di immagini mentre stanno andando sul luogo di lavoro, sulle riviste, sui cartelloni pubblicitari o in televisione. Sono un’ esibizionista e fin dall’inizio volevo che le persone prestassero attenzione ai miei lavori anche se solo per qualche secondo.”
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Per ottenere tutto ciò, Bernadine fa ricorso ad uno smisurato utilizzo di colori dalle nuance molto accese, affidandosi a scenari surreali dalle circostanze inusuali a volte dal tono sarcastico ma non solo.
I suoi scatti seducono l’occhio dell’osservatore invitandolo ad domandarsi cosa si successo prima e immaginarsi invece cosa stia per succedere.
Lo stesso artista fa notare come all’interno delle sue composizioni coesistano, attraverso questo mix di sessualità esplicita, un sentimento di perversione che attrae e allo stesso tempo repelle chi li osserva.
Scrive che i suoi lavori non hanno solo l’obbiettivo di catturare l’attenzione ma sono anche l’espressione del suo universo più intimo e “spesso claustrofobico” che coinvolge parti del corpo, violenza e morte.
Assolutamente singolare nel suo genere, Alva rivendica questa particolarità definendosi come abbiamo visto precedentemente, una subcultura.
“Mentre gli altri rinnegano se stessi adeguandosi ai clique, vestendosi e comportandosi esattamente come i loro amici, spaventati di essere unici”, dice, “io sono unicamente e totalmente solo e questo non mi turba anzi quando la gente mi critica per qualche aspetto del mio modo di essere o di fare fotografia rispondo che non lo faccio per fare un favore a qualcun’ altro o per creare al mondo un posto migliore. Faccio fotografia per rendere felice me stesso ed il mondo un posto migliore per me.”
Valeria Morterra © centoParole Magazine – riproduzione riservata