EPISTOLARIO: Nel mio lavoro di scrittore mi limito a fotografare a parole quello che vedo. Charles Bukowski

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La raccolta di racconti Storie di ordinaria follia (1983) di Charles Bukowski fu tolta nel 1985 dagli scaffali della biblioteca di Nijmegen, una cittadina olandese, in seguito alle lamentele di un lettore che ritenne l’opera sadica e discriminatoria verso gli omosessuali, i neri e le donne. Molti non condivisero la scelta e un giornalista locale, Hans van den Brock, scrisse una lettere allo scrittore chiedendogli la sua opinione di tale censura. La  risposta è qui.

 

 

22 luglio 1985

 

Caro Hans van den Brock,

 

la ringrazio per la sua lettera dove mi informa che uno dei miei libri è stato tolto dalla biblioteca di Nijmegen. E che è accusato di discriminazione contro i neri, gli omosessuali e le donne. E che è sadico per via del suo contenuto sadico.

 

Le cose contro cui ci tengo a non fare discriminazioni sono l’umorismo e la verità.

 

Se scrivo cattiverie sui neri, gli omosessuali le donne è perché quelli che ho incontrato erano così. Esistono molti “cattivi”: cani cattivi, censura cattiva; ci sono perfino uomini bianchi “cattivi”. Solo che se scrivi di uomini bianchi “cattivi” non si lamenta nessuno. Ed è necessario che dica che esistono neri “buoni”, omosessuali “buoni” e donne “buone”?

 

Nel mio lavoro di scrittore mi limito a fotografare a parole quello che vedo. Se scrivo cose “sadiche” è perché il sadismo esiste, non l’ho inventato io, e se nei miei libri succedono cose terribili è perché esse accadono anche nella realtà. Se il male abbonda non significa che io sia dalla parte del male. Nei miei scritti non sono sempre d’accordo con quel che succede, né sguazzo nel fango per il puro piacere di farlo. Inoltre, è curioso che quanti inveiscono contro i miei libri sembrino non accorgersi delle parti che trasmettono gioia, amore e speranza, perché tali parti ci sono eccome. Nel corso dei giorni, degli anni, la mia vita ha visto alti e bassi, luce e oscurità. Se scrivessi solo e continuamente della “luce” senza mai accennare al resto, allora come artista sarei un bugiardo.

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La censura è lo strumento di quanti hanno bisogno di nascondere la realtà a se stessi e agli altri. La loro paura è solo un’incapacità di affrontare ciò che è reale, quindi non posso prendermela con loro. Provo solo questa tristezza terribile. A un certo punto, crescendo, sono stati schermati dai fatti concreti della nostra esistenza. Gli è stato insegnato a guardare solo in una direzione quando in realtà ne esistono molte.

 

Non ci sono rimasto male che uno dei miei libri sia stato preso e tolto dagli scaffali di una biblioteca. In un certo senso, sono onorato di aver scritto qualcosa che ha risvegliato queste persone dai loro confortevoli abissi. Ma mi sento ferito, si, quando viene censurato un libro di qualcun altro, perché il più delle volte si tratta di un gran bel libro, e di questi ce ne sono pochi. E nel corso degli anni questi sono diventati dei classici, e ciò che prima era considerato scioccante e immortale adesso è una lettura obbligata in molte delle nostre università.

 

Non sto dicendo che il mio libro sia tra questi, ma che nella nostra epoca, in questo momento che per molti noi potrebbe anche essere l’ultimo, è dannatamente irritante ed estremamente triste che ci siano ancora simili individui meschini e rancorosi, questi cacciatori di streghe e declamatori della realtà. Però esistono anche queste persone, fanno parte del tutto, e se non ho scritto di loro dovrei farlo, forse l’ho fatto ora, e questo basta.

 

Nella speranza che sapremo tutti migliorarci,

suo Charles Bukowski

 

Questa lettera meravigliosa è ora appesa nell’Open Ditch Bus, una libreria itinerante con sede a Eindhoven.

 

Lettera tratta da L’arte delle lettere di Shuan Usher – Feltrinelli, 2013

 

Francesca Schillaci  © centoParole Magazine – riproduzione riservata

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One Reply to “EPISTOLARIO: Nel mio lavoro di scrittore mi limito a fotografare a parole quello che vedo. Charles Bukowski”

  1. cesare ha detto:

    C’è gente che ama travisare le cose o leggere quello che uno non ha scritto! Così si evince dalle parole di Bukowski. Occorerebbe essere più obiettivi nella vita, ponendosi, nell’esaminare i fatti, su un gradino superiore a quello che è quello personale, per diventare nei nostri pareri universali e non non parziali. Ma questo è un difetto che pare incarnito nell’umanità, trascinata dall’unicità della propria visuale nel leggere le cose.

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