Roberto nasce a Venezia e da subito entra nel mondo dell’arte: suo padre, Enrico del Frate (detto il Frattini), è un pittore conosciuto a livello locale e nazionale. Roberto trascorre le sue giornate a dipingere nell’atelier del padre presso il Palazzo delle Meraviglie. Da giovane gira l’Europa toccando grandi città come Parigi, Bruxelles, Londra, per poi ritornare a Venezia dove apre un atelier. I suoi primi lavori sono en plein air e realizzati con i colori ad olio, per poi passare alla figura umana e ai colori acrilici uniti a quelli ad olio e a varie tecniche che conferiscono all’opera una certa matericità. Nei suoi quadri immortala le persone che conosce e che lo circondano nella vita di tutti i giorni. Le tele sono il frutto di momenti di gioco, nati come reazione a quelli noiosi.
Roberta de Jorio, invece, nasce a Trento e poi si trasferisce a Venezia dove frequenta l’Accademia di Belle Arti e uno dei suoi insegnanti è Emilio vedova.
Si avvicina sempre di più alla psicanalisi diventando così una psicanalista presso il Movimento Freudiano Internazionale; tiene convegni a livello nazionale. Oltre a dipingere si dedica anche alla creazione di gioielli, ed è anche una interior designer. La sua pittura è caratterizzata da colori vivaci e contrastanti, pennellate ampie e dinamiche.
Nel 2009 la coppia si innamora di Trieste, lascia così il suo casale ottocentesco, vicino a Mestre e si trasferisce nella città giuliana.
Tornati da un recente viaggio a Bruxelles, Roberta e Roberto hanno deciso di dar vita all’Atelier Home Gallery, presso, appunto, la loro casa: un appartamento particolare, artistico, situato nel Palazzo Panfili, in via della Geppa 2 – vicino alla Stazione. Questo loro progetto mira a valorizzare l’arte attraverso mostre, dibattiti, eventi letterari e musicali; inoltre dà la possibilità agli artisti di esporre gratuitamente i loro lavori. L’inaugurazione dell’Atelier Home Gallery si terrà venerdì 5 dicembre alle 18.00 dove vi sarà anche la mostra “Return animal” di Roberto del Frate, caratterizzata da dipinti che ritraggono l’uomo evidenziandone il lato animale.
Ma ora lasciamo che siano loro a parlarcene…
Roberto: Noi vogliamo riuscire a combinare questa struttura che per noi è anche la parte integrante: la casa è la galleria, ossia il contenitore è importante quanto il contenuto; sono due cose che stanno insieme. Non vogliamo uno spazio bianco, anonimo, privo di personalità: ci piace che le due componenti siano insieme.
Io ricopro il ruolo del direttore artistico e critico d’arte, mentre Roberta – oltre ad essere anche lei direttore artistico – è la nostra interior deisgner. Mentre Matilde Tiriticco è la presidentessa; lei studia all’università, segue il cinema, ha lavorato in vari festival ed è un’organizzatrice tosta. Lorenzo Tiriticco, invece, si occupa di grafica – che seguiva già da ragazzino – e adesso sta studiando alla scuola di grafica internazionale di Venezia. E lui sarà il nostro web designer.
Roberta: Lorenzo è quello che curerà la follia in questa avventura…
Roberto: Ed è anche quello più pazzo di tutta la famiglia…
Ma quindi voi volete ricreare una sorta di “Salotto Pittoni”?
Roberto: Diciamo che l’idea del circolo ottocentesco potrebbe anche esistere, però mediato dalla modernità, da internet, dal web. Oltre alle persone anziane, che sono quelle che di solito frequentano le mostre, noi vorremmo coinvolgere soprattutto i giovani.
Speriamo che i giovani partecipino…
Roberto: Dipende dall’argomento che si propone: se si fa una mostra di fumetti d’autore americani, i giovani vengono. Insistere sempre sulle cose vecchie non attira un pubblico nuovo, giovane…
Roberta: Mettere a confronto le novità e anche la storia passata, creare un’intersezione in modo che uno venga agganciato dal nuovo, però ritrovi il passato anche tramite degli incontri con persone più grandi, sarebbe bello.
Roberto: infatti nel depliant della mostra c’è scritto incontro, confronto…
Matilde: Sì, pensavamo di mettere a confronto persone di generazioni diverse: ragazzi di venticinque anni con una persona che magari ha già un nome, che ha studiato tanto e quindi vedere cosa uno può dare all’altro, in modo tale da far nascere riflessioni, nuove idee.
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Se non erro la vostra Associazione non è a fini di lucro…
Roberto: Esatto, una cosa importante è che noi non vogliamo soldi: questo posto è gratuito. Qui un pittore può esporre senza pagare nulla, come pure un fotografo, mentre un musicista può esibirsi e uno scrittore presentare il suo libro. Questo spazio che si trova in centro, vicino alla stazione, è una posizione facile da raggiungere. Non voglio pesare agli artisti: spesso si vede lucrare su di loro, sulle loro fantasie e sulle loro speranze; però ci tengo che al momento dell’inaugurazione si crei un vero evento e non un incontro in sordina.
Il tesseramento non si paga, non c’è un’iscrizione di partenza e questo per me è una cosa importante: capita magari che uno che venga da fuori città e ci resti per un breve periodo e quindi è inutile che vada a spendere tanto.
Roberta: Ascoltandoti mi viene in mente che è come se noi volessimo fare qui una piccola Bruxelles, dove “Se Pol”. Anche lì sono legati all’antichità, ma uniscono pezzi antichi con quelli moderni…
Credo che il legame tra antico e moderno sia fondamentale, perché se no succede come adesso che c’è uno stacco tra le varie generazioni, che è una cosa allucinante: un ragazzo di vent’anni difficilmente parla con una persona di novanta e ciò è triste, perché quella di novanta sa tantissime cose e dal confronto potrebbero nascere qualcosa…
Roberta: Ma certo, è sicuro!
Roberto: Questo distacco è successo anche un po’ a causa dell’americanizzazione che abbiamo avuto in Italia che è spaventosa e che per esempio a Bruxelles non vedi e in Francia ancora meno: io avrò contato due negozi con il nome angloamericano in questi paesi, e invece, qui da noi, ormai, ci sono le vetrine con la pubblicità scritta solo in inglese. Bisognerebbe porre maggiore attenzione a questa tendenza alla distruzione della nostra lingua, che non è difesa da nessuno e ciò è grave. Io non mi sento meno di un belga o di un francese, però noi italiani abbiamo perso l’entusiasmo.
La distanza tra le generazioni ha fatto in modo che l’esperienza negativa della guerra non sia stata tramandata alla generazione successiva e così ancora oggi ci ritroviamo di fronte all possibilità di un’altra guerra, o alle tante guerre che ci sono in giro per il mondo.
Oggigiorno è difficile trovare artisti validi?
Roberto: Purtroppo quelli bravi non sempre riescono ad emergere, ad esempio, sul web, ci sono centinaia di artisti bravissimi che hanno capacità e idee, però rimangono a casa loro, non sono supportati, e ciò è orribile. Abbiamo conosciuto per le strade di Bruxelles della gente che potrebbe essere in tutte le hit parade del mondo…
È anche vero però, che certi giovani nemmeno si impegnano a trovare una loro strada…
Roberto: Sì, perché spesso non sanno da che parte muoversi. Nessuno sa più da che parte muoversi. È chiaro che sei tu hai dietro un budget pazzesco, riesci a fare qualcosa, altrimenti tutto è più difficile. L’idiozia più grande è quella di prendere persone che provengono dai posti più impensati della terra e di lanciarli come artisti, anche se i loro lavori non sono grandi cose e non valgono il prezzo al quale vengono venduti.
Facciamo venire quelli che valgono, che sono capaci di dimostrare le loro qualità, e diamo a loro la possibilità di avere un pubblico. Noi, attraverso al nostro progetto, non facciamo uno spettacolo, una parodia, facciamo una cosa normale: vediamo cosa uno propone, senza giudicarlo. Lo spazio che offriamo non è molto grande, ma speriamo lo stesso di riuscire a fare qualcosa e poi non è detto che non si possa ampliare.
Per realizzare un progetto come il vostro, anche i contatti sono importanti….
Roberto: Sì, i contatti giocano un ruolo fondamentale: ho già iniziato a scrivere ad altre home gallery. Le home gallery sono nate in America, anche sull’onda della crisi pilotata che hanno avuto. A causa dei costi delle galleria tanti hanno deciso di esporre a casa loro, che in fondo è il sogno di tutti: chiunque – che sia un antiquario un artista – se ha i suoi clienti non gli serve più la galleria. È nata così questa idea di ibrido, dove l’arte e la casa si uniscono e non sono più separate. C’è questa idea anche del piacere di invitare le persone a vedere le cose che uno possiede – questo assomiglia un po’ anche alla casa di un collezionista, che un tempo invitava i suoi amici a vedere quello che aveva acquistato.
Matilde: questa è anche l’origine del museo…
Roberto: Esatto, e se vogliamo questo discorso della home gallery non è quindi una cosa tanto innovativa. In Italia, recentemente, sono nate tante home gallery, soprattutto nella Lombardia a Modena, a Parma, a Torino…Qui noi a Trieste abbiamo questa apertura verso l’est che ci potrebbe permettere di fare molte cose – basti pensare che in un’ora si è a Lubiana e in due in Austria. L’idea di base è di creare un turismo colto: far sì che quando un turista viene a Trieste possa collegarsi su un sito per vede dove si trovano gli studi d’arte, e le cose che ci sono da vedere, anche quelle più nascoste e meno conosciute.
Questo è ottimo! Perché quando uno arriva qui, ma anche chi ci abita, spesso non è ben informato.
Roberto: Quando avevo la galleria in zona Urban, vicino a piazza dell’Unità, venivano fuori dall’albergo i turisti e si domandavano: “Ma dove andiamo? Cosa facciamo?”. Qui a Trieste, non ci sono indicazioni. Se il portiere dell’albergo non dice nulla a loro, questi vanno in giro per negozi. Non sanno nemmeno che esiste Viale XX settembre. Non si può gestire questa città così: Trieste ha bisogno di turismo, è nata per avere un turismo colto. Ha i palazzi adatti per ospitare premi letterari, a proposito anche questo si potrebbe fare: conosciamo una serie di scrittori e poeti e quindi si potrebbe dar vita ad un premio letterario, perché no.
Un premio per ragazzi, per adulti o aperto a tutti?
Roberto: Creare una sezione per i giovani mi sembra come ghettizzarli, quindi sicuramente un premio rivolto a tutti: in fondo siamo tutti emergenti: anche un’artista già affermato può emergere a un livello diverso. Se noi andiamo indietro nel tempo, ad esempio, Manet, che era più vecchio degli impressionisti, incontrando quest’ultimi si era rinnovato, basti pensare a “Le déjeuner sur l’herbe” (La colazione sull’erba n.d.s).
Secondo me ognuno può imparare dall’altro; il problema è che bisogna legare le varie generazioni…
Roberta: Il rapportarsi con le altre generazioni, dovrebbe essere insegnato anche a scuola…
Sì, questo è vero.
Roberta: Perché non tutte le famiglie sono all’altezza di poterlo fare. A scuola come dovrebbe esserci l’ora della riflessione, del pensiero, così dovrebbe esserci l’ora dedicata all’insegnato della comunicazione tra generazioni diverse.
Roberto: Per fare questo dovrebbero esserci degli insegnanti validi: mi ricordo il mio primo giorno universitario, con l’insegnante che leggeva il giornale e non ci spiegava nulla – dovevamo fare tutto noi. Beh, una persona così andrebbe tolto il suo incarico. Mancano i maestri e quindi ai modelli scolastici si sostituiscono certi idoli, che vengono creati principalmente per guadagnare e per spostare i giovani in un certo tipo di spazio. E ciò è semplice perché, non essendoci modelli validi da seguire, i giovani sono spaesati e quindi, chi crea queste icone, non trova nessun tipo di resistenza. Io non ho visto in tutta quanta Bruxelles giovani andare in giro con bottiglie di birra e i pub ci sono, solo che loro si vergognano nel farsi vedere con la bottiglia in mano. Per loro non fa figo un’atteggiamento di questo tipo; mentre qui è quasi un vanto. Si parla tanto di movida, ma noi non siamo spagnoli; questa cosa è stata inculcata per vendere alcolici.
L’arte, invece, non viene portata avanti perché non viene fatta conoscere. Anche su una rivista tipo “Vogue” si vedono solo le pubblicità di cucine, perché le aziende che le producono pagano per pubblicizzarle; una volta, invece, questi giornali, davano spazio ai consigli degli esperti…
Che possibilità hanno i giovani nel campo lavorativo a Bruxelles?
Roberta: A Bruxelles è bellissimo, si dà molto spazio ai giovani. Ad esempio, siamo andati in un’Associazione culturale dove c’erano dei giovani davvero particolari, vestiti in maniera strana (che poi è il gioco della maschera) e pieni di inventiva: hanno usato dei vecchi bauli dell’Ottocento per ricoprire una parete; una bellissima idea e il fatto che l’abbiano potuta realizzare è meraviglioso.
Roberto: La cosa bella è che a Bruxelles sono i giovani a proporre idee, e vengono sostenuti anche per progetti costosi: si dà affidamento al giovane, non come da noi, che si pensa che il giovane non sia affidabile e quindi si prendono in considerazioni gli ultracinquantenni.
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Ritornando al vostro progetto, oltre allo spazio aperto agli artisti, ci saranno altre iniziative?
Roberto: Mi hanno chiesto di fare un corso di pittura, e ho deciso che lo farò, anche per coinvolgere più persone e magari, in futuro, potremmo fare anche dei laboratori di arte digitale e ciò potrebbe attirare i giovani. A Trieste c’è tantissima richiesta di corsi. Un’altra cosa interessante è che parleremo anche di poesie e di libri.
Roberta: Una poetessa, nostra amica, ci ha consigliato di fare anche un concorso di poesia, per stimolare le persone e richiamare anche gente da fuori città.
Una caratteristica essenziale che dovrebbero avere le Associazioni culturali?
Roberta: Noi abbiamo notato che spesso, nelle Associazioni culturali, si rinuncia al tono e allo stile: si creano amicizie e tutto diventa troppo famigliare, fino ad assumere un aspetto eccessivamente confidenziale. Qua a Trieste abbiamo notato che manca il tono, e il modo di rapportarsi con le persone.
In generale manca anche il rispetto…
Roberto: Perché non c’è l’abitudine al rispetto. Se uno organizza un incontro culturale con persone preparate, la maggior parte della gente controlla continuamente l’orologio e non vede l’ora che tutto finisca; mentre se le multinazionali presentano un prodotto tecnologico nessuno fiata e tutti ascoltano attenti persone che, a volte, non hanno nemmeno tanta esperienza. Se tu non crei l’atmosfera giusta non puoi far nulla.
Infatti! Una volta almeno c’era l’educazione e anche le persone più povere erano educate…
Roberta: Certo, perché c’erano delle regole.
Sì, adesso mancano le regole, i valori, manca un po’ tutto…
Roberta: Sì, e come ho detto prima il tono è essenziale: se non c’è tono non c’è rispetto. Non conta il luogo dove si fa una cosa: io posso fare anche un convegno in un garage, ma se c’è tono, tutto diventa importante.
Roberto: Una volta nell’antica Grecia, anche le persone di più bassa classe sociale sapevano parlare: per otto anni, a scuola, si insegnava loro il valore della parola, tralasciando le altre materie che venivano insegnate successivamente. Il concetto è molto semplice: dopo che hai iniziato a far funzionare il software (cervello) ti do i dati.
Cosa mi dite della mostra “Return animal”?
Roberta: Questa mostra è un messaggio: bisogna ritrovare dentro di noi quella parte che non è stata ancora contaminata.
Roberto: Ritorna a quello che sei. Il fatto che abbiamo sostituito la società con la natura, è stata una follia; infatti il nostro è un disagio animale, non è un disagio sociale. Questa società non è né animale né umana, è questa la situazione che stiamo vivendo.
Che cos’è l’ispirazione per un artista?
Roberto: L’ispirazione non è altro che uno scatto: tu vai avanti per giorni e giorni e noi riesci a concludere nulla e poi all’improvviso succede qualcosa che ti permette di terminare il lavoro. È tremenda questa cosa!
Roberto: Se devi fare un progetto è importante avere sì un termine, però tu dovresti avere la possibilità di gestire quel tempo come meglio credi: se hai voglia di lavorare di notte, lavori; se un giorno hai voglia di lavorare ininterrottamente lo fai…L’animale dorme quando ha sonno e mangia quando hai fame – questo per riagganciarci al tema della mostra.
Roberta: Anche nella psicanalisi, Lacan introduce un concetto diverso di tempo: non è più il tempo da riempire, ma è un tempo logico: tu parli e quando hai inteso qualcosa, là finisce la conversazione. Secondo Lacan il tempo lo trovi facendo, non è che tu hai tempo; il tempo lo puoi solo perdere. Se non fai non ce l’hai questo tempo, e così anche l’intendimento non è questione di tempo: può essere un attimo.
Come vedete la situazione a Trieste?
Roberta: A Trieste, purtroppo, c’è un immobilismo pazzesco…
Roberto: Questa è l’ultima chance che diamo a Trieste…
Roberta: Trieste è una città bellissima con grandi potenzialità e invece viene lasciata morire e ciò ci fa soffrire. Noi impazziamo per Trieste, ma….
Roberto: Troppi incompetenti…i triestini sono simpatici però sono un po’ strani: quando avevo l’atelier in centro, avevano paura di entrare.
Roberta: Perché il posto era talmente raffinato che pensavano che fosse una cosa d’élite. E ho notato che l’iniziativa privata viene vista come una sorta di esibizione.
Roberto: Questa è un’altra cosa gravissima… Purtroppo quello che lavora tanto, che si dà da fare, non viene quasi mai apprezzato…
Roberta: Mai mai, è vero. E chi si dà da fare viene visto come uno ambizioso, come se l’ambizione fosse una cosa…è una cosa bella se non fai male a nessuno. Se non sei contro, ma sei verso qualcosa, è meravigliosa l’ambizione.
Roberto: La parola ambire non è negativa…
Roberta: Ma tanti pensano che quando uno ambisce a qualcosa è sempre rivolto al posto che è occupato da un altro; ma ambire non è ambire ad un posto. Lacan diceva: tu devi divenire altro con la A maiuscola, non l’altro. Non devi diventare come quello, tu devi divenire Altro da te: la tua potenzialità deve emergere.
Riassumendo, cosa comprende il vostro progetto?
Roberto: La pittura è uno degli elementi, poi ci sarà anche la scultura, il disegno, la fotografia: tutti lavori frutto di una ricerca, di un’elaborazione. Poi ci saranno proiezioni di alcuni cortometraggi – Matilde conosce delle persone che hanno fatto cose molte belle. Nel contesto ci sarà anche qualcosa di pratico: come ho già detto prima, ci sarà un corso di pittura e vorrei fare cose legate al mondo digitale visto che i giovani ne sono interessati. Tutto, però, senza scadere nelle cose new age. Quindi comunicazione visiva, sonora e uditiva ma soprattutto “la parola”.
Alla base si potrebbe fare un discorso su che cosa vuol dire essere predisposti ad ascoltare o a vedere, perché non è automatico: uno guarda, ma non vede; uno sente, ma non ascolta. In italiano abbiamo vari sinonimi, non è tutto uguale. L’indifferenza delle persone, nei confronti di queste cose, è grave, un grosso danno: pensano di sapere tanto, ma alla fine non è così.
Roberta: Nella vita se non hai una domanda verso di te, verso l’altro, non succede niente. Noi con questo progetto abbiamo voluto pensare anche ai giovani e speriamo che si avvicinino in molti. Come abbiamo più volte ripetuto, non offriamo cose tanto innovative, ma con qualche guizzo in più.
Ringrazio Roberto, Roberta e Matilde per la bella chiacchierata e faccio a loro un in bocca al lupo per questa nuova iniziativa.
Nadia Pastorcich © centoParole Magazine – riproduzione riservata
sito web di Atelier. Home Gallery
Roberta e Roberto, persone entusiaste del loro lavoro e della loro iniziativa, con tanta voglia di fare. Trieste in effetti ha bisogno di una scossa, di ricevere una smossa, una spinta organizzativa, specie rivolta ai giovani per nuovi entusiasmi, in loro adesso un po’ sopiti o soffocati perché non sanno come dimostrarli. Anche il colloquio fra generazioni potrebbe essere aperto e approfondito dall’iniziativa di Roberta e Roberto, come loro stessi dicono.
Speriamo le loro idee abbiano davvero successo e possano soprattutto continuare nel tempo, con il riscontro da parte di chi è ad esse interessato. La città, artisticamente e culturalmente parlando, ne sarebbe ben coinvolta. Auguri!