Come ogni anno, in un clima suggestivo, nei giorni scorsi l’associazione Forum Europeo Italo-Austriaco ha dato vita ad uno degli eventi tanto attesi in città: il Ballo Viennese, che quest’anno si è svolto nei meravigliosi spazi del Caffè degli Specchi, situato nel Palazzo Stratti che si affaccia su piazza dell’Unità d’Italia.
Dopo alcune esibizioni di due coppie della scuola di ballo “Annalisa Danze”, che si sono cimentate in balli latino-americani e balli standard, Miro Steffè con l’esclamazione “Alles Walzer!” ha dato il via alle danze, facendo scendere in pista tantissime coppie di tutte l’età, perché il Ballo Viennese è per tutti coloro che amano le buone maniere e l’eleganza. A movimentare la serata è stato Oscar Chersa con la sua musica dal vivo.
La vice Presidentessa Nicoletta Pistilli ha voluto regalare a tutti gli ospiti una bellissima esibizione canora della soprano Rebecca Kettlitz, che è stata accompagnata al pianoforte. L’omaggio si è concluso con il “Duetto buffo di due gatti” di Rossini eseguito da un duo composto da una soprano e una mezzo soprano.
Parte del ricavato di questa serata è stato devoluto a favore del progetto “Primi Passi”, inoltre, come di consueto, c’è stata una lotteria di beneficenza ed è stato dato un omaggio alle signore.
A raccontarci qualcosa in più sul Ballo Viennese e sul Forum Italo-Austriaco è il Presidente Andrea Gilli.
Di che cosa si occupano l’Euroculture e il Forum Italo-Austriaco?
L’Euroculture e il Forum Europeo Italo-Austriaco sono due associazioni diverse, in realtà: il Forum Italo-austriaco si occupa di eventi culturali, mentre Euroculture della formazione linguistica e promozione culturale, dove i progetti si concentrano più sulle lingue.
Quindi sono due realtà collegate: sono sorelle, ma hanno due ambiti di competenza completamente diversi. In particolare, il Ballo Viennese si lega al Forum Italo-Austriaco anche per questo rapporto bilaterale Italia-Austria, che diventa in particolar modo interessante per Trieste: questa parte d’Italia che è stata per cinque secoli legata alla cultura asburgica. È questo il motivo di tale interesse – anche del sottoscritto – nel creare una realtà che ripercorresse, senza però premere sulla questione del colore politico, i forti legami che abbiamo con l’Austria, sia da un punto di vista storico, che artistico-letterario, per non parlare di quello musicale.
Noi ci occupiamo di cultura, siamo assolutamente indipendenti da qualsiasi tipo di corrente politica, e lo facciamo con grande passione.
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Oltre al Ballo Viennese, quali sono le altre iniziative?
Tra le altre iniziative, ad esempio, ci sarà nel 2015 tutta una serie di seminari dedicati al centenario della Grande Guerra, che – soprattutto per i giovani – sembra quasi una cosa bella e molti vi si appassionano. Purtroppo, questo aggettivo “Grande” spesso viene interpretato male: fa pensare ad una cosa “Grande” nel senso di bella, fantastica, fascinosa. La Guerra, invece, è tutt’altro: è una cosa estremamente triste, che ha sparso sofferenza nelle diverse culture dei nostri paesi; ha causato quello che molti hanno definito il suicidio d’Europa. Quando si incomincia a parlare in questo modo, la musica cambia: se si inizia a dire che la Guerra è il suicidio d’Europa, la connotazione inizia a cambiare e l’immagine non è più tanto fascinosa.
Noi con questi seminari riproporremo, da diversi punti di vista, il primo conflitto mondiale raccontandone un po’ il retroscena: come si è arrivati al conflitto, il conflitto stesso, cosa ha comportato; alle volte anche facendo degli excursus sulla tecnica militare. Tutto ciò sempre senza grande fanatismo, anzi, proprio al contrario: cercheremo di sottolineare e far capire ai più giovani che non hanno compreso – ma mi chiedo se anche le generazioni che oggi hanno sessant’anni da giovani avessero capito – la profondità delle conseguenze e della catastrofe rappresentata dalla Prima Guerra Mondiale, che poi in realtà ha portato ad altre due grandi sofferenze: il periodo del Fascismo, del Fascismo incipiente (anni Venti), per poi arrivare al secondo conflitto. Quindi noi, parlando di guerra, puntiamo a sottolineare la cosa che è più interessante, che è l’esatto opposto: la pace.
Sapere che un essere umano, un europeo, oggi nasce in un clima di pace, non deve far sì che la pace sia data per scontata: la pace va attivamente voluta e quindi bisogna attivarsi, bisogna investire risorse, adoperarsi, affinché possa effettivamente esistere anche in futuro. Questa è una cosa che noi, che ci occupiamo di cultura, non possiamo né vogliamo trascurare.
In che cosa consiste il progetto “Primi Passi”?
Il progetto “Primi Passi” si inserisce sempre in quest’ottica; abbiamo scelto questo nome proprio perché diciamo che il veicolo lingua – se uno si dedica alla definizione di cultura, sa che esistono una serie di contenuti che compongono la torta che chiamiamo cultura – è uno di questi elementi importanti. Non potrebbe essere altrimenti, perché noi esseri umani abbiamo un modo di esprimerci, questo modo in realtà avviene per la gran parte in maniera non verbale, ma poi c’è anche quella verbale che oggi come oggi, è quella diciamo più utilizzata, forse non è il termine più calzante, ma è così.
L’espressione verbale inizia, e a mio avviso va curata, fin dalla tenera età, perché crea delle consuetudini – probabilmente dovute a questioni biologiche celebrali – e quindi noi abbiamo pensato ad un progetto di promozione della lingua straniera già nell’età prescolare: tra i tre e i cinque anni – in quello che volgarmente è detto asilo. Noi attualmente interveniamo nelle scuole pubbliche nel Comprensorio dell’Altipiano carsico a Trieste, con una serie di iniziative che puntano a creare quel avvicinamento, quel approccio ludico-situazionale in cui un essere umano incomincia a percepire non diverso l’altro codice linguistico e quindi un giorno quando si avvicinerà allo studio di una lingua straniera, non l’avvertirà come realmente straniera, diversa, e questa diversità non si tradurrà in un ostacolo, ma in una cosa assolutamente naturale.
La nostra è una buona semina – siamo convinti di questo – per creare degli esseri umani che, proprio tramite la lingua, possano aprirsi, spalancare la propria mente, accettando le diversità culturali che compongono la nostra realtà e ancora una volta torniamo in particolare a Trieste che, da sempre, è stata composta da varie culture, ma specialmente da quando gli Asburgo decisero di trasformarla nel loro porto imperiale. Gli Asburgo adottarono una politica estremamente coerente e lungimirante che attirò tante persone. Sappiamo che a Trieste è sempre arrivata molta gente: basta guardare la Piazza dell’Unità d’Italia con i suoi bei palazzi, come quello dove si trova il Caffè degli Specchi, che è il palazzo Stratti che porta il nome di una famiglia che ha avuto le possibilità di farsi costruire un palazzo così. Quindi gli Asburgo non solo hanno attratto persone, ma hanno attratto persone con un certo potere d’acquisto e ciò si è tradotto in grandi possibilità lavorative per tutti. Se il mondo della politica di oggi riuscisse a vedere – ma forse lo sta già vedendo – questa possibilità di dare opportunità di guadagno, che come conseguenza provoca una serie di altri fattori positivi per il mondo del lavoro, saremmo messi meglio.
Quando nasce a Trieste il Ballo Viennese?
Il Ballo Viennese nasce all’incirca tredici anni fa. Io sono diventato Presidente del Forum Italo-Austriaco nel 2002, che è l’anno in cui il Consolato Generale d’Austria – per il quale ho lavorato – chiude a Trieste, quindi è una data cardine che ricordo molto bene. Ma il mio predecessore, uomo di grande facoltà intellettuale ed economica, aveva già fatto serate, credo all’Hotel Riviera e in vari luoghi di Trieste. Noi abbiamo raccolto questa tradizione, nonché sfida, e ci siamo impegnati, anche per la nostra passione per il ballo, a far rivivere questa usanza. Il ballo che noi organizziamo, come tutti i Balli Viennesi della fine Ottocento, quando a Vienna il ballo diventa una tradizione, dovrebbe avere come location il ridotto del Teatro, oppure al ridotto dell’Opera. Il ridotto nasce proprio per eventi cosiddetti privati, nell’ambito teatrale o operistico. E quindi il ridotto del Teatro Verdi, che sta proprio vicino al luogo in cui abbiamo fatto il Ballo Viennese nella sua edizione 2014, e cioè il Caffè degli Specchi, sarebbe in realtà il luogo perfetto per questo evento.
Abbiamo ripreso una tradizione che già esisteva a Trieste, quando io non ero ancora nato – quindi stiamo parlando di tanti anni fa. Negli archivi della città abbiamo trovato tutta una serie di libretti per la prenotazione delle dame, le quali tradizionalmente lo portavano al polso: un piccolo libretto da portare come un braccialettino, che si legava al polso per prenotare i balli con i vari gentiluomini. Quindi sappiamo che già esisteva una sorta di Ballo Viennese. Noi abbiamo prodotto il libretto due volte, in collaborazione con il Comune di Trieste, quando c’era ancora Maria Paola Pagnini all’interno del novero delle personalità politiche del Comune.
Tutto ciò che abbiamo realizzato, lo abbiamo fatto sempre con le nostre forze. Il Ballo Viennese è un evento sociale, in cui si fa beneficenza proprio a favore di progetti come “Primi Passi” e dove cerchiamo di promuovere sia le buone maniere che la bellezza esteriore nei movimenti, il cosiddetto bon ton: un insieme di cose che credo siano apprezzate molto anche nei giovani, perché non è vero che tutti si ubriacano e girano con la bottiglia di plastica per le strade di Trieste, insomma vogliamo pensare che non sia così. Quindi, sì, il Ballo Viennese è una cosa estremamente faticosa, è un evento molto ricco che ha un costo molto elevato e che ciò nonostante è molto seguito. Quindi è sbalorditivo pensare che ogni anno minimo settanta persone spendano novanta Euro a testa per partecipare ad una serata che è sì ricca, ma che in realtà è poco conosciuta a causa dei costi eccessivi della pubblicità che non possiamo sostenere, perché, come ho già detto prima, facciamo tutto con le nostre forze. Per ora le cose stanno così, a meno che non comincino ad esserci sponsorizzazioni o finanziamenti esterni, il che ci aiuterebbe moltissimo. Ciò che ricaviamo non va nemmeno a coprire le spese: già solo una cena di gala in un posto che non è proprio un bar di periferia ha il suo costo, e poi a questo si aggiungono tutta un’altra serie di elementi come la musica, lo spettacolo di ballo, il canto, l’omaggio alle signore.
Siamo molto felici di continuare nella tradizione; ormai è da parecchi anni che organizziamo questo Ballo, lo facciamo con piacere e il pubblico ci dà sempre un feedback positivo: quest’anno ci hanno ringraziato, scritto, telefonato subito il giorno dopo il Ballo, e anche se eravamo ancora un po’ assonnati (sorride) ci ha fatto molto piacere.
Con che criterio scegliete la collocazione?
Deve essere un luogo tradizionale che si sposi anche un po’ esteticamente con quello che è il Ballo Viennese: l’epoca del Ballo Viennese. Il Caffè degli Specchi, in particolare, venne inaugurato nel 1839, quindi siamo anche prima dei grandi Balli Viennesi di Lehár e di Offenbach. I canoni devono essere dati dall’eleganza, cioè corrispondere a quelli dell’eleganza viennese di quell’epoca, quindi si cerca sempre di trovare un luogo, che sia sì corrispondente a questa serata – abbiamo il famoso Dress Code, quindi abito lungo per le signore, mentre per i signori siamo scesi di uno scalino: inizialmente era richiesto proprio lo smoking e la cravatta bianca, quindi in teoria anche il frac – ma insomma non miriamo tanto in alto, perché sappiamo che per il pubblico, questa sarebbe un’ulteriore selezione e già è difficile così; perciò abbiamo deciso di richiedere solo l’abito scuro per i signori. Nel corso delle varie edizioni abbiamo dovuto essere più flessibili riguardo all’abbigliamento, in quanto partecipare ad un evento di questo tipo, già costa abbastanza di per sé, e se poi ci aggiungiamo il vestito lungo, lo smoking, le scarpe, l’acconciatura per le signore e i vari accessori, la cosa diventa economicamente ancora più consistente.
E la data la decidete voi?
Teoricamente, la data la decidiamo quasi esclusivamente noi, ma poi dobbiamo avere il benestare della “Città di Vienna”, perché il ballo viene fatto in collaborazione con Vienna. La Città di Vienna ci dà un piccolo finanziamento, un aiutino, e noi la ringraziamo per questo; loro poi ci mandano una delegazione, quindi abbiamo anche i costi legati alla sponsorizzazione. La data del Ballo è in linea di massima, come da tradizione, il terzo sabato di novembre, quindi nella seconda metà del mese. Quest’anno a novembre avevamo tanti sabati e perciò dovevamo decidere quale scegliere. Inizialmente si pensava per il 22, poi abbiamo posticipato al 29 proprio per questioni viennesi: la delegazione prima era a Toronto e quindi non sarebbe potuta essere anche a Trieste, dove ci tiene sempre a venire.
Per l’anno prossimo stiamo pensando di fare anche un’edizione estiva del Ballo Viennese sempre al Caffè degli Specchi, ma sfruttando lo spazio esterno su piazza dell’Unità. Questa edizione estiva potrebbe essere un’ idea accattivante, perché nonostante una certa differenza dell’offerta, le persone interessate potrebbero passare una serata elegante ad un prezzo più contenuto. Speriamo di riuscire a realizzare questa edizione estiva e soprattutto di trovare le energie per farla (sorride).
La prossima edizione invernale, invece, sarà, grossomodo, il terzo sabato di novembre 2015.
Durante la serata si sono esibiti alcuni ballerini della scuola “Annalisa Danze”; come è nata la vostra collaborazione?
Abbiamo una lunga collaborazione con “Annalisa Danze” di Trieste: il presentatore della serata è il padre di Annalisa, Miro Steffè che collabora con noi ancora prima della nascita della scuola di danza. Poi insieme a sua figlia ha creato questa scuola che ha un incredibile successo a Trieste. Tutti sono molto bravi. Lui come presentatore c’ha mediato il contatto con i ballerini, e questo lo fa ogni qualvolta che noi abbiamo bisogno di ballerini per i nostri eventi. Miro, nel frattempo, è diventato formatore di maestri di ballo: ha una categoria molto elevata, riconosciuta proprio dalla federazione. È una persona su cui possiamo sempre contare, un grande amico.
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Palazzo Stratti, voluto dal negoziante Nicolò, fu eretto, nel 1839, sotto il progetto dell’architetto Antonio Buttazzoni. Il palazzo venne completato solo nel 1846 a causa di problemi economici del negoziante Stratti, che fu costretto a cedere l’edificio alle Assicurazioni Generali – ancora oggi proprietarie. Con il passare degli anni, subì numerose modifiche architettoniche, acquisendo così l’attuale aspetto eclettico. I cambiamenti fatti dagli architetti Geiringer e Righetti conferirono alla facciata su piazza Unità un volto completamente nuovo rispetto al progetto iniziale, aggiungendo altri elementi decorativi; il gruppo scultoreo che si trova in cima all’edificio, è opera dell’artista Luigi Zandomeneghi. Tuttora, al piano terreno del palazzo, è ospite lo storico Caffè degli Specchi, luogo nel quale quest’anno si è svolto il Ballo.
Ringrazio Andrea Gilli per la sua gentilezza.
Nadia Pastorcich © centoParole Magazine – riproduzione riservata
Una lodevole iniziativa per mantenere sempre vivo il contatto di Trieste con un’epoca che ha segnato una gran parte, anche culturalmente parlando, della sua storia, con particolare riferimento alla danza, e più precisamente al Valzer, ballo tipico della Corte Asburgica.