L’esposizione, allestita nelle sale del secondo piano di palazzo Frisacco a Tolmezzo, porta un titolo significativo: “Corbellini – la raffinatezza del segno grafico“. La mostra, prorogata rispetto alla data di chiusura originale, è aperta al pubblico da 24 maggio al 03 agosto 2014. Lungo le cinque sale caratterizzate da pareti blu scuro, viene esposto un ricco patrimonio di materiale inedito, creato nel corso della sua carriera dall’autrice carnica scomparsa quest’anno. Al piano terra dello stesso palazzo, è presente anche una preziosa pinacoteca permanente formata da una trentina di opere dell’autrice, donate dalla stessa al capoluogo carnico nel 2007. Cornelia Corbellini era un’importante artista residente a Tolmezzo, città in cui nacque nel 1919. Dimostrato sin dai primissimi anni della giovinezza, il suo talento venne incoraggiato dal padre che provvide finanziariamente affinchè la figlia potesse usufruire di una formazione seria e mirata. Dopo aver conseguito la maturità artistica, nel 1939 Cornelia Corbellini si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove fu allieva dei maestri Guido Cadorin e Virgilio Tramontin. Il suo linguaggio espressivo fu principalmente legato alla tematica del filone paesaggistico veneto-friulano, che ad esempio era già propria del pittore Marco D’Avanzo, originario di Ampezzo. In quest’ultimo come anche nella Corbellini, l’attenzione è concentrata sulle vedute tipiche della Carnia, sul rapporto speciale che lega la gente di montagna alla propria terra d’origine. Altri soggetti legati alla produzione della Corbellini sono le figure sacre e il tema del ritratto, che ampiamente ricorrono anche lungo le sale dell’esposizione. Il suo stile è caratterizzato da una straordinaria raffinatezza, che nei dipinti rieccheggia le caratteristiche del post-impressionismo francese: colore denso e svirgolato, immediatezza nel descrivere volumi e paesaggi. Una raffinatezza che ricorre anche nella sua produzione grafica, a conferma di quanto sia azzeccato il titolo della mostra (per le informazioni biografiche e la contestualizzazione stilistica si far riferimento al pieghevole della mostra, testo di Raffaella Cargnelutti). L’esposizione è decisamente piacevole: merita di essere percorsa con calma, osservando gli splendidi dettagli e le particolarità grafiche dei singoli elaborati.
Le tematiche presenti in mostra sono molto varie, ma organizzate con quanta più possibile coerenza. Dolci, profonde, piacevoli, divertenti, vere: queste sono le caratteristiche delle svariate produzioni grafiche di Cornelia Corbellini. Un punto di vista coinvolgente, il suo, che spesso permette di gettare un’occhiata all’atmosfera quotidiana e raccolta della vita di montagna e che allo stesso tempo esprime dolcezza e/o solennità nelle rappresentazioni sacre. Nella primissima sala ci si trova davanti ad una modesta varietà di elaborati, che spaziano dal soggetto sacro al genere ritrattistico. Colpisce in particolare un’immagine della Vergine con Bambino: si tratta di una rappresentazione ricca di serena intimità. La Madonna osserva con sguardo amorevole il figlio, mentre quest’ultimo gioca beatamente con dei fiori. Sullo sfondo, si scorge un panorama formato dalle alpi carniche. Una tematica, quella della Vergine, che ritroviamo più volte nei capolavori grafici della sala. Il suo volto, magistralmente chiaroscurato, appare in un elaborato posto poco lontano da quello appena analizzato. Troviamo poi un’altra rappresentazione di affetto materno: in sanguigna, una dolce Vergine bacia il Bambino. Ancora il Cristo fanciullino: ricorre in una piccola serie di schizzi, presenti tutti nello stesso foglio.
Questi meravigliosi studi raffigurano il bimbo mentre gioca, scalcia…con ogni probabilità ripreso dal vero. Il tutto accompagnato dalle espressioni deliziose così tipiche dell’infanzia, che completano i lineamenti dei paffuti volti di bambino. Chiude infine la serie di studi qualche schizzo per la figura della Vergine. Forse proprio la tematica del gioco fanciullesco, della graziosa intimità tra madre e figlio è quello che risalta di più nel contesto di questa sala. Sempre sul tema sacro, troviamo anche una grande rappresentazione in primo piano e a figura intera di san Giovanni Bosco con giovane fanciullo: sullo sfondo si intravede una chiesa caratterizzata da un’architettura d’impostazione classica. Sia la scena con la Vergine dei fiori, sia quella del san G. Bosco sono centinate: potrebbe trattarsi di due studi per pale d’altare. Si discosta dalla tematica sacra uno studio di volto maschile caratterizzato da un’espressione assorta: gli occhiali abbassati sul naso, lo sguardo puntato verso l’alto. Poco più in là si può anche ammirare un paesaggio di montagna, considerabile sicuramente come una tra le opere più belle di questa sala. E’ una veduta di Tolmezzo dall’alto, riconoscibile dal campanile del duomo con la figura metallica dell’angelo: in basso, i tetti delle case sono coperti di neve fresca. La bufera è ancora in corso: piccoli tratti lo confermano. Ci troviamo davanti ad un tipico paesaggio montano del periodo invernale, in quella che è quasi un’atmosfera da favola (la bella immagine è presente anche sulla locandina dell’esposizione). Chiudono la sala due manifesti per mostre d’arte: in uno di essi viene effettivamente specificato che colei che espone è la stessa Corbellini (infatti, la sua attività espositiva fu molto intensa). Troviamo in entrambe le locandine un forte impatto coloristico evidente soprattutto negli oggetti, un pennello ed un tubetto di pittura avvolto da un drappo che richiama il tricolore italiano, ma anche nella scritta particolarmente colorata di una delle due. Nella seconda sala ci troviamo davanti ad un grande numero di manifesti, realizzati dalla pittrice carnica per promuovere le iniziative C.A.I. (Club Alpino Italiano). Gli elaborati, in totale cinque, presentano una grande varietà di tecniche esecutive: si spazia infatti dagli acquerelli, ai pastelli ed infine alle tempere. In generale, il soggetto principale è quello delle caricature di animali, esilaranti figurine messe a simulare le azioni umane, naturalmente collegate all’ambito dell’esplorazione alpina. Nel primo manifesto, possiamo osservare una serie di chiocciole (maschi e femmine) mentre stanno salendo una montagna. La loro conchiglia è tramutata in zaino, nell’illusione di una scena fumettistica. In basso, sullo sfondo, vediamo un paesaggio montuoso. L’ultima chiocciola esulta per aver raggiunto la vetta, con piccone e fazzoletto levati in aria; più in basso rispetto alle altre, una delle sue compagne appare stremata dalla fatica. In alto, tanto nel primo quanto nel secondo manifesto, appare il rigido simbolo del C.A.I. Nella seconda locandina sono invece semplicemente appresentati alcuni strumenti metallici, resi ad acquerello e matita. Nel terzo manifesto, elaborato con la tecnica del pastello, un’altra chiocciola in veste umana armata di piccone, scarponi e fazzoletto si dirige verso la cima. La sigla C.A.I. ripercorre la curvilinea conchiglia della chiocciola. Il quarto manifesto è dedicato all’inaugurazione del rifugio De Gasperi. Risaltano i dettagli resi a tempera raffiguranti la struttura e la montagna. Il tutto è immerso in un’atmosfera quasi surreale: la vetta del monte e il rifugio sono infatti circondati da grandi nubi.
Viene quindi resa pienamente l’illusione dell’ambiente montano d’alta quota. Grande è il contrasto fra il blu del cielo e il rosa della vetta, così come risaltano il bianco delle pareti e il verde della zona del rifugio (ma forse in modo minore, data la tonalità più chiara che li circonda). Nella quinta locandina la chiocciola può finalmente riposare sotto il suo tetto (che non è presente, anche se evidentemente esiste: fuori sta chiaramente piovendo). Gli scarponi e il piccone sono anch’essi lasciati a riposare, in fondo al letto. La conchiglia è appesa ad un pomello dello stesso: tutta la scena, in generale, è esilarante. In alto, il posto dell’esausta chiocciola è stato presso da degli altrettanto “umani” gatti e gatte neri. Ad accompagnarli c’è anche un cane bianco che, sottile ironia, “umano” non lo è. Il sole letteralmente sorride verso questo piccolo gruppo, sporgendosi luminoso dalle nubi. In cima alla montagna, appare la scritta “Monte Durone”, meta della gita C.A.I. Di fianco a questa deliziosa locandina, troviamo un’altro elaborato, che se ne diversifica parecchio: un bel volto di bambina, in primo piano, caratterizzato da un’espressione melanconica. La fanciulla ha i capelli raccolti in due trecce scure e disordinate (da bimba di montagna) ed indossa una semplicissima camicetta. Chiude la sala un progetto per altare, costituito da sezioni. Sopra la mensa, trionfa un quadro con la Vergine regina dei monti. Grande attenzione richiama anche il paliotto, caratterizzato da un forte dettaglio iconografico (gli strumenti della Passione e il gallo accompagnati dai simboli dell’Eucarestia presenti sulle sporgenze dell’altare). La quarta sala contiene un fitto assortimento di studi dal vero: ritratti di bimbi, vecchi e vecchie, donne e uomini. Vediamo figure sedute, ma anche studi di volti in primo piano (tantissime sono le espressioni che caratterizzano i ritratti di questi individui). Le persone sono rappresentate in attività quotidiane, tipiche occupazioni di una calda atmosfera domestica d’area montana: una vecchia è china sulla sua macchina per cucire. Altri scorci di quotidianità carnica: un uomo con il cappello, un’allegra combriccola seduta al tavolo di un’osteria. Altre figure sono dedite ad attività di tipo artistico edi intellettuale: una giovane suona, un uomo è chino su di un libro. Ma gli studi dal vero presenti in questa sala non riguardano solo gli esseri umani: ci sono anche tantissimi fiori, di ogni varietà. Tanti fra questi schizzi sono stati realizzati a pastello, alcuni tra di essi risultano persino rifiniti. Negli altri, piccole opere completamente prive di colore, è fortissimo il chiaroscuro. Ma osservando con attenzione le tante immagini, ci accorgiamo pure che alcune di esse raffigurano degli animali.
Che delizia, la rappresentazione di un’amorevole chioccia con i suoi pulcini. Ali d’uccello sono tracciate di fianco a schizzi di figure umane. Ci sono anche dei paesaggi: alcuni scorci alpini con i tipici paesetti e casupole, ma anche una veduta di un edificio monumentale. Infine, lo schizzo di un sax abbandonato sul tavolo. Nella penultima sala, la quarta, vediamo un bel ritratto di donna, colorato a pastello. Il resto della stanza è occupato da una grandissima quantità di studi raffiguranti animali da fattoria. Vediamo tacchini (tra i quali ce n’è uno frontale, magnifico, magistralmente colorato): queste bestiole sono riprese da davanti, da dietro e quindi nelle posizioni più varie. Anche l’immagine del gallo ricorre più volte: una “silouette” nera lo raffigura mentre canta; in un’altra immagine lo si vede penzolare a testa in giù, morto (sono quindi collocate a poca distanza due immagini raffiguranti i momenti dell’esulto e della fine di un essere vivente). Ma non sono solo le bestie a vivacizzare la tematica della fattoria: troviamo anche una bella immagine di un fattore, accompagnato dal suo immancabile porcello e da un gallo. Ancora immagini di animali: alcune vacche ed un vitello (dolcissimo, ripreso in due momenti: nel primo lo si vede alzato, insicuro sulle gambe mentre muove i primi passi; nel secondo è accovacciato a terra, in un momento di riposo). In un altro schizzo l’asino, tipico animale da fatica, dopo tanto lavoro si concede una piccola pausa per mangiare. Uno splendido cavallo è ripreso invece mentre attende il momento della partenza per il prossimo viaggio. Ancora altri galli e (infine) un piccolo schizzo con l’immagine di un pennello, tracciato al fianco del fattore. La mostra si chiude con la quinta sala: un trionfo composto da idee per manifesti colorati quasi avvolge il visitatore. Alcuni pubblicizzano delle località: la balneare Lignano Pineta, l’alpina Val Pesarina (raffigurata con fiori, monti e campanile: quale meravigliosa atmosfera montanara!). Vediamo anche un manifesto per la Mostra Rassegna dell’Arte Carnica. Il periodo dell’esposizione è il mese di agosto: la stella di San Lorenzo brilla infatti sulla magica atmosfera del bosco notturno. In un altro manifesto, una fontana tipica è ripresa in piena luce. In altre locandine pubblicitarie, c’è un accenno a luoghi lontani: richiami all’ambiente della Cina e dell’Egitto.
Chiudiamo la visita alla mostra con un altro piccolo rimando carnico: un “bicollo” ricolmo di bottiglie, raffigurata in un altro manifesto pubblicitario. Nella sua totalità, quella dedicata all’opera grafica di Cornelia Corbellini è una mostra entusiasmante, che nelle ultime sale ricorda in qualche modo una Carnia che sta inesorabilmente scomparendo: fatta di animali da fattoria (tra i quali l’immancabile vacca), di uomini seduti all’osteria del paese per concedersi un bicchiere di buon vino dopo tanto lavoro e di vecchie nonnine rappresentate mentre sono chine a cucire. Sembra quasi di sentire il fuoco scoppiettare nel camino e il profumo della polenta appena preparata.
Nadia Danelon© centoParole Magazine – riproduzione riservata