Lei è una costumista teatrale e cinematografica. Questa sua passione quand’è nata?
È difficile dire quand’è nata, probabilmente è nata con me. Quando ho finito la scuola primaria, ho frequentato la scuola secondaria di design e fotografia a Lubiana, poi sono andata alla facoltà di Ingegneria e Scienze Naturali, sempre a Lubiana, e mi sono specializzata nel ramo tessile. Infine ho studiato alla scuola di Fashion Design, in Olanda.
Disegnava fin da piccola?
Sì, da piccola disegnavo molto e facevo gli abiti per le Barbie. La prima macchina da cucire l’ho ricevuta quando avevo nove anni e da quella volta ho iniziato a cucire.
C’è una differenza tra gli abiti che fa per il teatro e quelli che fa per il cinema?
Il cinema è più realistico, mentre il teatro è un po’ più concettuale, più espressivo, diverso; non reale.
Preferisce il cinema o il teatro?
Il teatro. Il processo di lavoro che c’è nel cinema non mi piace tanto, è un altro mondo rispetto a quello del teatro.
Come è nata l’idea di realizzare abiti con tessuti ecosostenibili?
Il settore della moda è molto complesso e chiunque vi voglia entrare si trova a dover competere con brand importanti, come Valentino, o Dolce & Gabbana, dietro ai quali ci sono tantissimi soldi, investimenti e molti dipendenti, quindi non è un passo facile da fare. Io ero troppo cosciente di tutto quello che succede nel settore dei tessuti e anche nei laboratori, perciò ho cercato di intraprendere una mia strada, di essere innovativa. Rispettando la mia filosofia di vita, che è quella di salvaguardare l’ambiente e la salute dell’essere umano.
Che rapporto ha con la natura?
Mi piace tanto, ho una grande stima per la natura; credo che gli alberi siano più intelligenti degli esseri umani.
Qual è la differenza tra i tessuti normali e quelli ecosostenibili?
I tessuti normali sono tessuti sintetici e tessuti naturali. Tra i tessuti naturali “normali” e quelli ecosostenibili, c’è comunque una differenza. In quelli ecosostenibili si segue la pianta dalla sua nascita fino al prodotto finito, non si usano pesticidi o altre sostanze chimiche che possano essere assorbite dalla terra.
Nella produzione di tessuti ecosostenibili si tiene conto di moltissime cose: si fa attenzione a cosa va a finire nelle acque, si controllano le condizioni di lavoro dei lavoratori e i loro salari, non si usano coloranti chimici. In ecologia tutto segue un’etica volta alla salvaguardia della natura e dell’uomo. Il consumatore si trova così ad acquistare un prodotto di ottima qualità, dietro al quale c’è un grande impegno nella cura della natura, degli animali e della salute dell’uomo, perché se un tessuto viene colorato con colori chimici la pelle li assorbe e ciò fa male.
Lavorare con i tessuti ecosostenibili è difficile?
Sì. Fare un buon design con i materiali ecosostenibili è più difficile, si è molto più limitati; non esistono ancora il pizzo e il tulle ecologici e i colori vivaci, come il giallo e il rosso. Si deve pensare a come realizzare il design di questi materiali che non esistono, senza però far capire che si tratta di un’imitazione.
Che rapporto ha con l’Italia?
A Milano ho una Showroom dove si vende il mio brand “Terra Urbana”. In Italia gli editori dei book di moda mi conoscono bene, come “Rendez-Vous de la mode”, con cui collaboro molto. A maggio vado a Roma al museo di Zoologia, dove verrà presentata “Terra Urbana” durante il Festival di riciclo. A Napoli ho lavorato all’opera “Rusalka” nel Teatro San Carlo, mentre al Teatro Massimo di Palermo ho fatto “Der Konig Kandaules”, un’opera moderna. Con i registi italiani lavoro tanto.
Per le sue creazioni si ispira a qualche stilista?
Non mi ispiro specificatamente ad uno, ma a tanti stilisti differenti; dipende dalle collezioni che voglio fare. Sono sempre alla ricerca di nuove idee e i grandi stilisti sono sicuramente una grande fonte d’ispirazione, come Galliano,Valentino, Cavalli, ma anche Alexander McQueen, Martin Margiela.
Che emozione ha provato quando l’attrice slovena Katarina Čas ha indossato una sua creazione?
Ero molto felice, poi è stata una bella coincidenza che lei avesse finito di girare il film “The Wolf of Wall Street” con Leonardo Di Caprio. Sono contenta di aver collaborato con lei al nostro progetto, perché è una persona molto bella e anche molto intelligente.
Come l’ha conosciuta?
L’ho conosciuta attraverso il lavoro, siamo sempre negli stessi ambienti; lei è una conduttrice televisiva a Lubiana.
Nella sua famiglia c’era già qualcuno che cuciva?
No, nella mia famiglia nessuno è un artista e nemmeno un sarto. I miei famigliari non mi hanno ispirato, penso che si nasca con questo talento.
Ai giovani che volessero intraprendere la sua stessa carriera, che consiglio darebbe?
Per prima cosa devono essere coscienti che i risultati vengono con calma, non vengono dall’oggi al domani: servono dieci, venti anni prima di diventare un nome conosciuto, specialmente nel nostro settore. Devono lavorare tanto, non arrendersi e saper comunicare.
Nell’ambito della moda ci sono tanti ostacoli da superare?
Devi avere una mente aperta su più livelli, devi essere creativo, interessarti di più cose, e saper comunicare anche in più lingue, è molto importante. Bisogna essere molto originali e coraggiosi, e allora ce la fai. Penso che il mio mestiere, nonostante gli ostacoli da superare, sia il più bello che esista.
Lei ha lavorato in Italia, in Slovenia e in quale altro posto?
In Germania a Cottbus, dove ho fatto “La Traviata”, poi ho lavorato in Serbia, in Montenegro, in Croazia, in Olanda, ho collaborato ad una coproduzione con l’Inghilterra e ho lavorato anche con i giapponesi.
Qual è il posto che l’ha colpita di più?
Roma, mi piace tanto. Anche Milano è bella, però preferisco Roma.
Si è mai ispirata a Roma per realizzare qualche abito?
No, perché quando sono lì, vengo assorbita dal ritmo della città. A me piace tanto guardare le persone per le strade e osservare quello che mi sta attorno. Non mi sono ancora mai ispirata ad una città, perché nelle mie creazioni ho guardato più verso la natura che verso l’architettura, ma forse in futuro lo farò.
Ha qualche progetto in mente?
Adesso lavoro in teatro. Quest’anno ho fa finire ancora due o tre produzioni e devo sviluppare “Terra Urbana”.
Lavora da sola o ha anche dei collaboratori?
Ho dei collaboratori. Ora sto lavorando con Saša Kladnik, una graphic designer bravissima. Con lei voglio sviluppare in tempo i digital print ecologici per i tessuti, in modo tale da poter vivacizzare i vestiti ecologici e poi mi piacerebbe fare degli abiti un po’ più couture.
Il suo marchio “Terra Urbana” com’è nato?
È nato nel 2013. Io ci pensavo già da due o tre anni, ma il mercato dei tessuti ecologici non era ancora molto sviluppato e trovare sete ecologiche era impensabile. Non volevo fare un brand casual, ma un brand che comprendesse anche tessuti un po’ più ricchi, come il bambù, le canape e le sete organiche e così ho dovuto pazientare. Ho pensato che ogni collezione poteva ispirarsi ad un animale, così per la prima collezione mi sono ispirata alla farfalla, usando la seta organica (peace silk), che è una seta che si ottiene senza uccidere il baco, ma si aspetta che la farfalla esca per poi realizzare il tessuto. Per la seconda collezione mi sono ispirata al lupo bianco, perché è una specie in via d’estinzione a causa del riscaldamento globale. Ora vorrei realizzare la terza collezione ispirandomi al coccodrillo e per creare l’effetto “pelle di coccodrillo” userò la pelle del salmone, che è simile a quella di un rettile. Penso che tutti i brand dovrebbero cambiare ottica e quindi, negli anni, iniziare globalmente un cambiamento nella direzione del rispetto della natura e dell’uomo.
Sono costosi i materiali ecosostenibili?
Sì, è un range un po’ più alto; solo il cotone organico è meno costoso, rispetto agli altri materiali ecosostenibili che invece si avvicinano alla gamma delle sete e delle lane. Le mie creazioni che si trovano nei negozi si collocano, come prezzo, in una fascia medio-alta.
In Slovenia che cosa fa?
Insegno nella facoltà di design a Trzin e lavoro nei teatri a Lubiana, Celje, Gorizia, Maribor …
Le è piaciuto lavorare con i giovani durante lo stage “Mettiamoci all’Opera”?
Sì, è stata un’esperienza molto interessante, perché i giovani spaziano molto con la mente. Dovrebbero iniziare a pensare concretamente al loro futuro, ma è bello vedere come i loro pensieri non abbiano limiti.
Le piacerebbe che qualcuno in particolare indossasse qualche sua creazione?
Vorrei che Leonardo Di Caprio portasse una mia T-shirt, perché lui è molto impegnato nella difesa degli animali in via d’estinzione.
Ha qualche sogno nel cassetto?
Sì, stare, per non più di cinque giorni, vicino al mare, sotto l’ombra di un albero, con un bel libro. Gli altri sogni si sono già realizzati.
Nadia Pastorcich © centoParole Magazine, riproduzione riservata
foto: iamprimoz.com , modella: l’attrice Katarina Čas.
Mateja Benedetti di recente è stata Visiting Professor allo stage “Mettiamoci all’Opera”, organizzato dall’associazione culturale Opera Viva, per il progetto “Questa Volta metti in scena… La Memoria”, ideato e curato da Lorena Matic.
Ringrazio Mateja Benedetti per avermi concesso questa intervista.
Non ho decisamente competenza nel settore trattato. Devo però riconoscere che lo stesso ha il suo fascino, in quanto, nel campo del teatro e del cinema, è come “vestisse”, diciamo così, i pensieri degli attori. In tal modo lo voglio definire, unendo in lui il concreto con l’astratto.
Mateja Benedetti è encomiabile, in quanto, non potendo avere la forza e le possibiltà delle grandi firme, si muove in spazi più contenuti, ma non per questo meno degni di nota e considerazione. Anzi la sua creatività ha nel limite, che poi limite non è, il suo maggior pregio, potendo lei, nella consepovolezza degli spazi possibili in cui si muove, liberare la sua capacità inventiva di forme e di colori. Un altro pregio poi Mateja annovera, quello dell’ecosostenibile, dimostrando di rispettare l’ambiente in ogni sua forma da lui offerta, palesando in ciò una sensibilità superiore a tanti altri che trascurano questo valore. Complimenti quindi a lei, ed ogni miglior successo professionale!