La foto ‘Lomografica’ – se vogliamo usare questa definizione, che è un marchio registrato di Lomographische AG, è un’idea piuttosto recente, nata nella Lomographic Society fondata nei primi anni Novanta in Austria. I fondatori sperimentarono questa loro idea inizialmente con le macchine Lomo LC-A (qualcosa di molto molto economico e … russo: una macchina fotografia giocattolo, ‘per tutti!’). E furono rapiti dalle immagini uniche, molto contrastate e vignettate, che quelle macchine producevano.
‘Holga’. Hong Kong, 1982. Il mondo della produzione fotografica brucia, tutto procede a pieno ritmo. Come nella vicina Cina e in Giappone, la fotografia a Hong Kong è un hobby nazionale, e un’ossessione. Nuove fotocamere, nuove soluzioni tecnologiche, nuovo tutto: ogni giorno qualcosa di nuovo che va ad alimentare gli enormi mercati domestici e internazionali. E da questo mondo di favolose creazioni e innovazioni venne la Holga: distintamente non-moderna, in qualche modo preistorica, un passo indietro ai primi giorni della meccanica fotografica. Il concetto è semplice: una fotocamera minimale, economicissima, con pellicola medio formato 120. Avrebbe previsto e implementato solo i meccanismi basilari della fotografia – quelli assolutamente necessari al suo funzionamento – e avrebbe provveduto a mettere nelle mani del fotografo un’alternativa accessibile a tutti gli studenti e agli entusiasti dell’immagine, per avvicinarli a un mondo altrimenti molto costoso, quello della foto in medio formato. E in omaggio allo stupendo panorama attorno all’isola, venne il nome ‘Ho Gwong’, ‘molto luminosa’, che, una volta aperta la porta dell’Europa e raggiunti paesi nei quali pronunciare correttamente ‘Ho Gwong’ era impossibile, divenne: ‘Holga’. Mortalmente semplice e fantasticamente attraente per gli appassionati di un certo tipo di colore e di visione: una vera ‘Lo-Fi Medium Format’ – con visione distortamente amplificata attraverso la … lente di pura plastica di una fotocamera ‘oversize’.
Le macchine fotografiche ‘Lomo’, quindi, sono tipicamente macchine di basso o bassissimo costo costruite in economia o grande economia. Alcune di queste fotocamere utilizzano lenti multiple e flash colorati, uno o due colori o l’intero spettro dell’arcobaleno … ed esibiscono distorsioni ottiche estreme, infiltrazioni di luce, backfocus, tutto.
Le 10 regole della Lomografia:
- portate sempre con voi la vostra ‘Lomo-macchina’;
- usatela in ogni momento – giorno, e notte;
- la ‘Lomografia’ non interferisce con la vostra vita: è parte di essa;
- provate a ‘scattare dal fianco’;
- avvicinatevi agli oggetti del vostro ‘desiderio Lomografico’ il più possibile;
- non pensate: scattate;
- siate veloci;
- non dovete necessariamente guardare subito per vedere com’è venuta la vostra immagine: guarderete dopo;
- non dovete necessariamente guardare dopo;
- non prestate attenzione a nessuna regola!
‘Lomo’ è sicuramente foto creativa, non documentaristica: perché? Beh, come potremmo fare foto documentaristica, con una macchina che, di suo, inventa le cose?
Oggi, il progresso tecnologico nel campo della fotografia digitale è estremo, si va avanti a salti continui, quotidiani, talvolta da gigante. Le nostre fotocamere producono immagini meravigliose e in alta risoluzione, tutto è automatico (tranne il fotografo – per ora), il diaframma ad alta velocità automatico, sessanta frame al secondo pronti nel taschino … anche la post-produzione è immensamente migliorata, grazie a computer molto potenti ormai disponibili a tutti e a un prezzo decisamente basso, e a Photoshop. Puoi vedere la tua foto, appena scattata, immediatamente – puoi tenerla o cancellarla, cosa che non potevi fare con le macchine a pellicola. Grazie a questo, tutti, ora, possono essere fotografi. In un certo senso, è come essere imboccati, col cucchiaio, come quando eravamo bambini. E allora la domanda è: ‘Dov’è la sfida, oggi?’
Nei libri possiamo leggere: ‘le macchine analogiche sono romantiche; le macchine digitali sono democratiche’. Il romanticismo di una vecchia fotocamera digitale, con la pellicola scaduta, o di una Polaroid. Colori sbagliati, foto sfuocate, vignettatura – tutto ciò che la fotografia tradizionale definisce ‘sbagliato’ – ‘foto non buona’. Ma per i ‘Lomografisti’ non è così: loro usano le ‘foto sbagliate’ a vantaggio della propria creatività, creando qualcosa di nuovo.
Quindi potremmo dire, nel nostro percorso filosofico dotART: partiamo, come fotografi – come amatori della fotografia – da una macchina compatta digitale, che fa tutto da sola, ‘metti in automatico e scatta’ . Poi scopriamo di poterla controllare, e allora il voler trarre da essa il massimo delle sue possibilità ci ossessiona, vogliamo imparare la tecnica, diventare sempre più bravi, e lo facciamo, e facciamo i nostri mille e più scatti al mese. E poi torniamo a macchine come la Holga, e ci avviciniamo alla ‘lomografia’, perché il nostro scatto ha perso di spontaneità ed è diventato troppo tecnico. Il nostro ‘scatto tecnico’ è qualcosa di già visto, è facilmente riproducibile, alterabile; mentre il nostro stesso scatto, se è ‘Lomo’, non lo è, ed è spontaneo, è creativo. Se volete.
L’imprevedibilità rende la foto ‘lomografica’ così divertente – e così frustrante. Le ‘Lomo-Cameras’ (e anche le lenti ‘Lomo’ per le fotocamere digitali, anche se in maniera molto minore) sono altamente imprevedibili, hanno una vita propria. Questo è il motivo per cui le foto ‘lomografiche’ più belle non sono nient’altro che incidenti andati bene. E si verifica in maniera ancora più marcata che con il digitale (dove la cosa è già molto spesso evidente) la situazione per cui un fotografo professionista, o un amatore che prende la macchina in mano per la prima volta, sono, dal punto di vista degli strumenti tecnici, allo stesso livello. Realizzare foto bellissime con la fotocamera giocattolo richiede comprensione dell’inquadratura e del momento, stabilire una relazione e un’amicizia con la propria fotocamera – e questo può richiedere tempo – ma gli strumenti sono là. ‘Lomografia’ è anche quindi un fenomeno di marketing, o uno sfruttamento commerciale di qualcosa – di una forma d’immagine?
È giusto pagare per l’arte? Ne avevamo parlato il mese scorso.
Gli effetti di una lente ‘Lomo LC-A’ e di lenti analoghe possono essere simulati anche con un software di photo editing, come Photoshop, o Lightroom. Si tratta di una contraddizione? ‘Don’t think, just Shoot’, nelle regole d’oro della Lomografia, e ora parliamo di Photoshop, quindi di qualcosa di completamente costruito dove d’intuitivo non mettiamo niente.
Come possiamo conciliare le due cose?
Prima di tutto, ricordando che Photoshop a modo suo ancora una volta non è nient’altro che uno strumento. Photoshop non inventa; sono la mano, la mente e la creatività di chi lo utilizza a farlo. E poi, provando e rendendosi conto che l ‘incidente ‘Lomografico’ andato bene’ può capitare anche con Photoshop, soprattutto ai non professionisti.
‘Lomografia’ è ora un movimento d’arte. La Lomographic Society International, che ha sede a Vienna, promuove la ‘Lomografia’ attraverso gallerie d’immagini sul Web, applicazioni, accesso a risorse e strumenti dedicati allo sviluppo, al supporto e all’esposizione pubblica d’immagini realizzate con l’utilizzo di questa forma d’arte. Anche con l’organizzazione di workshops e gallerie. dotART è ‘Lomo’, e, nelle nostre occasioni pubbliche d’incontro e di confronto, esploreremo anche noi le sue possibilità e frontiere.
Roberto Srelz © centoParole Magazine – riproduzione riservata