Per essere un poeta ci vuole il coraggio di un bambino: la Poetica di Carlos Penelas

Penelas poetica

La poesia ci offre l’illusione delle voci infantili; non la nostalgia indiscutibile che rappresenta tutto l’insieme dell’essere umano, bensì la permanenza dell’essere, la luce incantatrice che ipnotizza la solitudine della stanza. Per questo motivo conserviamo il fogliame, il ramo sensibile del vento, la vela bianca nella nebbia del mare. Il poeta si abbandona all’intuizione, alla contemplazione, allo spazio che scuote dal silenzio di una visione immobile. Crea il suo infinito dalla gioia segreta. Lo attornia l’infamia, la corruzione, la demenza allucinata dalla frustrazione, la sfacciataggine degli uomini incattiviti. La sua poetica, però, ci riporta in un universo chiaro, una convinzione intima che rende sensibile la parola, voci modellate da una mitologia del disordine.

A momenti si meraviglia nella”spersonalizzazione” del verso e parallelamente afferma la sua soggettività. Esilia il vuoto creando gli enigmi del poetico, concilia la libertà e il destino, il caso e la fedeltà. Cristallizza e trasgredisce l’amore, riscopre la metà di se stesso attraverso le contraddizioni, tra i frammenti del quotidiano. Offre la sua risposta attraverso la disperazione e la speranza. Stranamente ambiguo, integra la pienezza e il caso.

Senza ricompense future si sommerge nella rivelazione dei vincoli e degli affetti. Suggerisce un simbolismo sessuale nella donna desiderata, tra contrapposizioni incredibili e certe, in un fuoco sostanziale e magico. La parola sarà sempre un veicolo di una vita in continuo mutamento; una sorta di pellegrinaggio misterioso e traslucido.

Tutto e ogni cosa è una minaccia d’eternità.

Il poeta anima sempre una dialettica sottile, per attimi incomprensibili. Anela la solidarietà tra forma ed esistenza, soffre l’imminente bisogno dell’istante, quella fugacità che emerge e si definisce da sé. C’è pienezza nel dramma, estasi e continuazione che danno forza alla poetica per affrontare un mondo assurdo. C’è bisogno di ingenuità. Il piacere di ammirare, di evocare. Si sperimenta tutto a partire dall’infanzia, a partire da tutto ciò che è ludico. Dalla franchezza scopriamo la felicità; confrontiamo la dimora della sopravvivenza contro tutti i dogmi.

Il vero poeta crede nell’incommensurabile, nell’utopia, nella sacra unione del silenzio e della fraternità. Detesta le città, i partiti politici, le combriccole letterarie, gli dei e i padroni. Allo scalpellare il verso offre bellezza non soltanto cristallina, ma ne assegna un contenuto morale.


Buenos Aires, novembre 2012: testo letto durante la presentazione di Poesìa reunida di Carlos Penelas.

Testo originale: Poetica 

Traduzione: Francesca Schillaci

 

Francesca Schillaci © centoParole Magazine – riproduzione riservata

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